Nell’estate del 1956 una giovane Marilyn Monroe sbarcò in Inghilterra, scelta da Sir Laurence Olivier per interpretare la ballerina Elsie Marina nel film “Il principe e la ballerina”, diretto dalla stesso attore e regista britannico. Norma Jeane Baker, giunta in Europa insieme al marito Arthur Miller, era già all’epoca una riconosciuta star internazionale ammirata – e forse invidiata – dalle donne e amata da tutti gli uomini grazie alle sinuose forme che la resero presto una delle attrici più amate e pagate di tutta Hollywood. Ma Marilyn è stata anche una delle attrici più tristi e infelici che il cinema ricordi, a cominciare da una infanzia senza la famiglia classica alle spalle che la potesse proteggere, per continuare con le difficoltà nei rapporti con l’altro sesso e l’abuso di alcol e farmaci. Tutti fattori che hanno inciso sulla sua prematura scompara: La Monroe si spense a soli 36 anni per una overdose di barbiturici. Da allora, agosto del 1962, nacque la leggenda.
“Marilyn”, titolo originale il più esemplificativo “My Week with Marilyn”, è la pellicola d’esordio del regista Simon Curtis che mette in scena un momento particolare della vita dell’attrice: il periodo inglese durante le riprese del film “Il principe e la ballerina” e il rapporto tra la diva di Hollywood e il giovane aiuto regista Colin Clark (alla pima esperienza sul set) che sulla relazione (non solo lavorativa) con Norma Jeane scrisse due diari: “The Prince, The Showgirl and me” e “My Week with Marilyn”. Da questi diari è tratto il biopic interpretato da Michelle Williams (Marilyn Monroe), Kenneth Branagh (Laurence Olivier), Eddie Redmayne (Colin Clark), Dougray Scott (Arthur Miller), Julia Ormond (Vivien Leigh), Judy Dench (Sybil Thorndike), Emma Watson (Lucy) e Zoë Wanamaker (Paula).
Il film
Il giovane Colin Clark è più che mai determinato ad entrare a far parte del mondo del cinema, ma non dalla porta principale come interprete: il ragazzo vuole far parte della produzione di un film, stare a contatto con le star, vivere l’atmosfera del set. L’occasione arriverà grazie alla nuova pellicola diretta dal più celebre attore britannico, Laurence Olivier desideroso di misurarsi come regista in una commedia leggera nella quale la protagonista sarà la diva di Los Angeles Marilyn Monroe. Al ragazzo sarà offerto un lavoro come terzo aiuto regista (in pratica, come lui stesso ricorda, un fattorino) ma ben presto riceverà un compito terribilmente più importante: tenere su il morale alla depressa attrice abbandonata dal marito Arthur Miller, volato negli Stati Uniti. La Monroe sembra infatti trovare il sorriso solo in presenza del giovane ragazzo che inevitabilmente si innamorerà di lei.
Giudizio sul film
L’opera prima cinematografica di Curtis ha il pregio di riuscire a racchiudere nei 100 minuti – circa – della pellicola, una memoria esaustiva della attrice americana: dai problemi sul set dove denotava una certa pedisposizione a scordare le battute del copione e una pressoché totale incapacità di recitare secondo un metodo prestabilito, puntando sulla improvvisazione (facendo imbestialire l’impeccabile Olivier) a quelli più strettamenti personali come la consapevolezza di un matrimonio – ancora in fase luna di miele – probabilmente sbagliato, e una insicurezza di fondo che viene celata sul grande schermo ma che ha accompagnato l’attrice nella sua breve ma voluminosa carriera. Eppure Norma Jeane sembrava potesse avere tutto dalla vita, dall’aspetto fisico al talento innato per la settima arte che le permettevano una tale naturalezza sul set da fare invidia a chi ha passato anni sul palco di una scuola di recitazione.
Nella prima parte assistiamo al biopic di una donna apparentemente arrogante, smaliziata, sexy e piuttosto svampita, ma è solo quel muro innalzato (forse non proprio volontariamente) da Marilyn in realtà terribilmente fragile. L’attrice viene interpretata in maniera impeccabile da Michelle Williams, al punto che ci emoziona sin dalla prima apparizione, sulla scaletta di un aereo. La storia inglese di Norma Jeane, raccontata nei suoi diari da Colin Clark, rappresenta una occasione per chiedere aiuto, per scappare da una realtà in cui si è diventati troppo presto celebri, iconizzati e desiderati. Se ne accorge lo stesso Colin, un ragazzotto ambizioso e determinato , che riesce nella sua opera di persuasione permettendo a Marilyn di essere se stessa, e sarà solo grazie alla sua presenza che la Monroe risucirà a trovare la forza per accantonare alcol e pillole e per vivere momenti di assoluta spensieratezza.
Nella seconda – malinconica – parte assistiamo al declino della Monroe, un preludio di quello che sarebbe successo pochi anni dopo, quando Marilyn fu trovata senza vita. Ma forse, in fondo, lei voleva solo essere salvata e ce lo ricorda in quel grido disperato di aiuto lanciato alla fine delle riprese: Spero che voi tutti mi scuserete, non è stata tutta colpa mia ma sono stata malata, vorrei vi ricordaste che ci ho provato”.
Imperdibile
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