La sconfitta di ieri contro la Sampdoria ha elencato difetti e lacune di un Milan formato mini. Chi si aspettava il miracolo è rimasto deluso. La diffidenza intorno alla squadra di Allegri è tanta, inutile nascondercelo. Tale disaffezione ai rossoneri deriva da mille fattori. In primis l’undici sceso in campo ieri pomeriggio al Meazza. Una difesa da brividi, un centrocampo incapace di creare un gioco e i tre “attaccanti” lì davanti ad improvvisare un altro mestiere. Vedere Boateng con la maglia numero dieci sulle spalle offrire una prestazione a tratti irritante non è stato sicuramente il massimo della vita per chi ha acquistato un abbonamento di svariate centinaia di euro (tribuna o curva è indifferente). Un Milan senza un vero numero 10 è un Milan che ha venduto, oltre l’anima, anche la sua storia al Diavolo. Si è passati dalle verticalizzazioni del primo anno, ai lanci lunghi per un Ibrahimovic che ormai è distanti migliaia di km dall’Italia. In tempi non sospetti Berlusconi ha chiesto al proprio allenatore un gioco simile a quello del Barcellona. Le direttive del presidente sono state bypassate dallo spogliatoio in qualcosa di irriconoscibile. I primi 45′ del match sono stati da “Profondo rosso”.
Kaka non bastaLo striscione che campeggiava in Curva Sud e che invitava gli altri tifosi ad avere pazienza nei confronti di Galliani aspettando il 31 agosto lascia il tempo che trova. Non si capisce perché l’ultimo giorno d’estate venga visto come un’oasi nel deserto, come se dovesse succedere qualcosa di eccezionale. Il mondo rossonero non è più lo stesso di due anni fa. Ventiquattro mesi orsono Galliani poteva permettersi un viaggio in Spagna e convincere Ibra ad accettare un contratto da 9 milioni di euro netti a stagione. Ed oltre allo svedese si prendeva anche il lusso di mettere la ciliegina sulla torta targata Robinho con un’operazione da 18 milioni di euro. Bene, il tempo delle favole a lieto fine è terminato da tempo. Adesso il Milan può puntare a Niang, può anche prendere Kaka, ma la crisi regna sovrana.
Scelte societarie Tifosi e tecnico hanno capito poco o niente di quest’estate rossonera. Prima la nefasta promessa sulla permanenza di Thiago Silva e Ibrahimovic, poi l’attacco frontale ad Allegri da parte di Galliani al triplice fischio dell’amichevole americana contro il Real (con annesso tormentone Solbiatese), per finire al potenziale clamoroso autogol con Ze Eduardo, altro scoglio nel magma ghiacciato tra Galliani e il livornese. Come riunire una coppia che fino a pochi mesi fa pareva indistruttibile? No, Kaka non basta.
Una squadra vuota Kaka non basta perché i tempi di Maradona sono finiti. Un solo uomo non fa la differenza, specialmente in questo Milan. Oltre ad un problema di tecnica (la già citata numero 10 è un esempio chiarificatore), c’è un altro grande punto interrogativo intorno agli uomini scesi in campo ieri pomeriggio: chi crede allo scudetto? Boateng crede allo scudetto? Montolivo crede allo scudetto? Abbiati crede allo scudetto? Allegri crede allo scudetto? Il Milan crede allo scudetto? DOpo le cessioni di Ibrahimovic e Thiago Silva forse non più. Magari Pellegatti continua a crederci, Serafini idem, ma chi va in campo no. E’ un male difficile da estirpare. La mente, si sa, è il motore di tutto. La paura di cadere nel baratro della mentalità da provinciale è innegabile. Più che Kaka ci vorrebbe il mago Houdini.