Pier Paolo Pasolini è morto nella notte tra l’1 e il 2 novembre 1975 sulla spiaggia dell’Idroscalo di Ostia. Tutt’oggi, però, la sua morte continua ad essere un mistero e ad esserne coinvolto è anche il mondo politico italiano. Ad essere accusato dell’omicidio fu l’allora diciassettenne Pino Pelosi, il “ragazzo di vita” di Guidonia, che avrebbe confessato subito il delitto. Ma la sua versione nè gli indizi risultarono mai abbastanza convincenti e Mario Martone, regista de “L’amore molesto“, riporta in luce la storia con un documentario, proiettato ieri alla Casa del Cinema di Roma, commentato da Sergio Citti, intervistato prima della sua morte, avvenuta nel 2005. L’uomo aveva girato alcune scene nei giorni successivi alla morte di Pasolini, sul luogo del delitto, per dimostrare che Pino Pelosi non era da solo e non era in grado, da solo, di uccidere il regista-scrittore. Il documento adesso è di fondamentale importanza per la Procura di Roma, che ha riaperto le indagini sul delitto. Guido Calvi, avvocato della famiglia Pasolini, ha definito il documentario come un vero e proprio “atto giudiziario“. In più, è stato proprio lui ha presentare istanza penale per la riapertura delle indagini. Sempre Guido Calvi ha intervistato Citti, che nel video racconta di un testimone, un pescatore che avrebbe visto anche una seconda auto sulla scena del delitto. Per la riapertura delle indagini è stata d’aiuto il mondo politico, specialmente Marcello Dell’Utri, che ha riportato in luce la questione riguardante “Petrolio“, opera incompleta e postuma di Pier Paolo Pasolini. Dell’Utri sosteneva di essere entrato in possesso del capitolo scomparso del libro, di cui Pasolini aveva scritto seicento cartelle, come dichiarò all’amico fotografo Dino Pedriali. Guido Calvi spiega:
Il caso Pasolini all’epoca del processo, fu chiuso a grande velocità con la condanna di Pelosi. Ma rimase un mistero. La spinta per la riapertura delle indagini è arrivata prima dalle dichiarazioni del senatore Dell’Utri sul capitolo scomparso di “Petrolio”, poi dalla lettera di Veltroni e dalle risposte del ministro Bondi e del Guardasigilli Alfano. Bisogna riconoscere che per una volta l’atteggiamento del mondo politico è stato più responsabile di quello di molti intellettuali che dalle pagine dei giornali sostenevano che fosse inutile riaprire il caso Pasolini.
Un mistero difficile da risolvere, ma l’emergere di nuovi dettagli potrebbe essere di grande aiuto. Il fotografo, Pedriali, ha rivelato di aver visto con i suoi occhi le seicento cartelle degli scritti di Pasolini, e di averli fotografati senza però leggerli.