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Mourinho 500 volte Special

Josè Mourinho
« Se avessi voluto un lavoro facile sarei rimasto al Porto, con una bellissima sedia blu, una Champions in bacheca, Dio e dopo Dio il sottoscritto». Questo è lo Special One, al secolo Josè Mourinho, o lo si ama o lo si odia, ma nessuno può negare che sia un vincente e a parlare per lui ci sono i numeri, impressionanti, della sua carriera da allenatore, che stasera nella trasferta di Champions al White Hart Lane, casa del Tottenham, arriverà a 500 panchine da professionista. 500 volte Mou, con un bottino di successi che farebbe invidia a qualsiasi suo collega: 334 vittorie, 104 pareggi e 61 sconfitte, con un imbattibilità interna che durava dal 23 febbraio 2002 (sconfitta del suo Porto contro il Beira Mar per 2-3) e che si è interrotta il 2 aprile di quest’anno quando il Real Madrid ha perso contro lo Sporting Gijon per 0-1, si tratta quindi di un’incredibile striscia di risultati utili consecutivi in gare casalinghe di campionato: ben 150 (125 vittorie e 25 pareggi), tra Porto (38), Chelsea (60), Inter (38) e Real Madrid (14). I titoli sono finora 17: 6 scudetti in 3 campionati diversi, 2 Champions, 1 Coppa Uefa, 1 Coppa e 1 Supercoppa di Portogallo, 2 Coppe di Lega inglese, 1 Fa Cup e 1 Community Shield, 1 Supercoppa Italiana e 1 Coppa Italia, al momento l’unico trofeo a mancare sulla sua bacheca è la Supercoppa Europea, persa la prima volta contro il Milan e da allora mai più disputata visto che ogni qualvolta il portoghese si aggiudica la Champions cambia squadra, lo ha fatto con il Porto e lo ha fatto con l’Inter, squadra con la quale è riuscito, alla sua seconda stagione in nerazzurro, a conquistare il triplete (Coppa Italia, Champions e Scudetto). La carriera da allenatore di Mourinho comincia molto presto a 24 anni quando capisce che fare il calciatore non è nelle sue corde e comincia ad allenare gli allievi del Vitoria Setubal, il salto di qualità avviene nel 1994 quando Sir Bobby Robson, che lo aveva avuto come interprete negli anni allo Sporting Lisbona, lo volle come suo secondo al Porto e successivamente anche al Barcellona, sotto l’ala del santone inglese il giovane Mou impara l’arte e nel 2000 tenta l’avventura da protagonista accettando la chiamata del Benfica, paradossalmente la sua prima gara ufficiale da allenatore si concluse con una sconfitta ad opera del Boavista e solo dopo 4 match riuscì ad ottenere il primo successo. Da allora però sono passati 11 anni e la carriera dello Speciale è stato un crescendo rossiniano, lasciata la panchina del Benfica, dopo solo 9 giornate, si accasa a gennaio su quella  dell’ União Leiria che porta al quinto posto in campionato e l’anno successivo al terzo, fino al dicembre 2001 quando decide di accasarsi al Porto, stavolta non da comprimario. Con i Dragoes raggiunge risultati strabilianti, conquista due titoli nazionali, una Coppa Uefa, una Coppa del Portogallo, Supercoppa Portoghese e, ovviamente, la Champions nel 2004 battendo in finale il Monaco per 3-0. Dopo quasi 3 anni da profeta in patria, da buon portoghese decide di conquistare altre nazioni e oltrepassa La Manica, accasandosi al Chelsea del magnate russo Abramovich, con i blues conquista alla prima stagione il campionato, spezzando il dominio del Manchester e riportando, dopo 50 anni, il titolo di campione d’Inghilterra a Stamford Bridge. Oltre al campionato, si aggiudica anche la Carling Cup ai danni del Liverpool. Nella sua seconda stagione bissa il successo in campionato, conquista la Community Shield, ma delude in Champions dove viene eliminato negli ottavi dal Barcellona. Nel 2006-2007, il Chelsea, resta in lizza fino all’ultimo su tutti i fronti ma alla fine conquisterà solo la F.A. Cup, ma è in europa che i blues non riescono ad ottenere risultati soddisfacenti, l’anno successivo qualcosa s’incrina nel rapporto con Abramovich e lo Special One rescinde il suo contratto con i londinesi. Dopo un anno sabatico, in cui pare sia stato contattato anche dalla FA Inglese, a giugno 2008 viene ingaggiato dall’Inter del presidente Moratti. Mourinho si presenta alla stampa parlando un buon italiano e con la celebre frase “io non sono pirla”, per il popolo nerazzurro è amore a prima vista, il Mago nel suo primo anno conquista scudetto e Supercoppa Italiana,  ma il capolavoro avviene la stagione successiva, nonostante la partenza verso Barcellona di Ibrahimovic, grande protagonista degli ultimi scudetti nerazzurri, Mourinho fa arrivare in squadra gente come Eto’o, Snejder, Lucio, Thiago Motta e Milito, puntellando la difesa con il brasiliano ex Bayern e adottando il modulo 4-2-3-1, con il Principe unica punta e Snejder, Eto’o e Pandev ad agire alle sue spalle. Con questi interpreti conquista Coppa Italia, Scudetto, ma soprattutto la Champions, che mancava al biscione da 45 anni, realizzando così il fantastico triplete. Dopo aver fatto incetta di successi in Italia, Josè all’inizio della stagione attuale ha deciso di accettare la chiamata del presidente Perez e di abbandonare Milano, per accomodarsi sulla prestigiosa panchina dei Blancos e cercare d’interrompere lo strapotere blaugrana degli ultimi anni. In campionato però le cose non stanno andando per il verso giusto, sono 8, infatti, i punti di distacco dagli storici rivali catalani, ma potrebbe essere proprio la Champions a fornire la possibilità di rivalsa, dopo la qualificazione di ieri da parte degli uomini di Guardiola, il Madrid è adesso ad un passo dall’approdo in semifinale e nel possibile doppio match contro il Barça, Mourinho potrebbe vendicare la famosa “manita”. Lo Special One ha quindi anche quest’anno la possibilità di arricchire la propria bacheca con il prestigioso trofeo Uefa ed essere l’unico allenatore a riuscire nell’impresa di vincerlo con 3 differente squadre. “Voglio vincerla di nuovo -ha detto- ma non è un’ossessione”, sarà così? Di certo è che a Madrid sognano e dopo il miracolo a Milano chissà che Mou non porti in Castiglia, la tanto sospirata decima Champions.

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