Oggi 17 gennaio 2012 compie 70 anni uno dei personaggi più rappresentativi del nostro secolo, nonchè pluricampione dello sport che lo ha reso celebre al mondo e che grazie a lui ha avuto un notevole incremento a livello di popolarità: stiamo parlando del grande Muhammad Ali, il più forte pugile di tutti i tempi, anche noto come Cassius Clay, suo nome originale prima della conversione all’Islam che lo portò a cambiare nome (definito da schiavo da Ali stesso) scegliendone uno musulmano.
E’ diventato una leggenda grazie al suo carisma e al suo immenso talento che sin dalla giovane età di 12 anni lo avevano contraddistinto in quella palestra dove giorno e notte inseguiva il suo sogno, quello di diventare pugile professionista. A soli 18 anni, alle Olimpiadi di Roma del 1960 vinse l’oro nella categoria dei pesi mediomassimi, e da lì è cominciata la sua interminabile ascesa, fatta anche di momenti meno felici, come il rifiuto di combattere in Vietnam e ciò gli costò il ritiro della licenza da parte delle commissioni atletiche pugilistiche statunitensi.
Tornando alla sua carriera di pugile, egli divenne subito professionista dopo il trionfo alle Olimpiadi e battè prima Lamar Clark e poi Doug Jones: il mondo della boxe si apprestava ad accogliere un giovane fenomeno che portò notevole apprezzamento di questo sport da parte di un pubblico via via sempre numeroso, ed è per questo che a cavallo degli anni 60′-70′ il pugilato raggiunse l’apice della popolarità. A soli 22 anni il giovane Cassius affrontava il temibile Sonny Liston, nonchè campione in carica dei pesi massimi. A Miami Clay divenne Campione del Mondo dei pesi massimi battendo all’inizio dell’ottava ripresa il favoritissimo Liston. Comunque questo incontro portò degli strascichi notevoli nel tempo, dovute alle dichiarazioni dell’agente di Liston che sarebbe stato d’accordo con la mafia per truccare il match concedendo a Cassius Clay il titolo di Campione e alla mafia di incassare ingenti somme di denaro sullo sfavorito pugile di Louisville. Tuttavia recentemente Ali si è difeso dichiarando di aver colpito con forza e tecnica il suo avversario, e che se davvero il rivale avesse voluto fingere un KO non l’avrebbe fatto di certo all’inizio dell’incontro.
La figura di “The Greatest” divenne un’icona mondiale e un modello per i giovani nonostante il suo comportamento provocatorio e aggressivo (soprattutto in conferenza stampa), peculiarità questa che ha contribuito a formare quel grandioso personaggio non solo della boxe mondiale, ma anche uno dei più popolari a livello mediatico. Tra i numerosi incontri memorabile è quello di Kinshasa del 30 ottobre 1974 dove affrontò George Foreman mandandolo al tappeto e riconquistando così il titolo mondiale. Ali in questo incontro usò una tattica rivelatasi efficace: si fece colpire ripetutamente per 8 riprese dallo stesso Foreman per farlo stancare per poi contrattaccare quando l’avversario fosse giunto allo stremo delle forze. Vittoria rimasta nella storia, come quella di Manila contro Frazier, dove i due pugili combatterono con grande veemenza e con grande atletismo: alla fine la spuntò proprio Ali dopo che l’allenatore di Frazier all’inizio dell’ultima ripresa ritirò il suo atleta, completamente massacrato dai colpi ricevuti. Muhammad Ali riconobbe i meriti dell’avversario affermando che probabilmente se non si fosse ritirato avrebbe potuto dare forfait durante il round per i colpi subiti, segno che il duello non aveva risparmiato nessuno dei due. Con il trascorrere del tempo Ali divenne sempre meno rapido nei movimenti e raramente ottene vittorie schiaccianti, ottenendo risultati particolarmente deludenti.
Nel 1984 gli fu diagnosticato il morbo di Parkinson, con cui tutt’oggi convive, ma questo non gli ha impedito di partecipare ai funerali del suo grande amico rivale Joe Frazier e di distinguersi per le sue opere umanitarie nonostante abbia condotto una vita lontana dai riflettori e dal flash dei fotografi. Auguri Campione!