“Vola come una farfalla, pungi come un’ape” racchiude tutto quello che Muhammad Alì era sul ring: diventato celebre come Cassius Clay e poi convertitosi all’islam cambiando il suo nome, è stato uno dei più grandi volti dello sport.
La sua carriera è esplosa nel 1960 dopo le Olimpiadi di Roma, quando si aggiudicò l’oro nella categoria dei pesi massimi, da allora ha avuto inizio una leggenda. Muhammad Alì si è spento all’alba, aveva 74 anni e dallo scorso giovedì si trovava in ospedale a Phoenix. Affetto dal morbo di Parkinson, ha combattuto fino all’ultimo contro questo male, che aveva aggravato le sue condizioni ieri sera.
Muhammad Alì non c’è più, ma come ogni grande personaggio che ha segnato la storia, è diventato leggenda e in quanto tale è immortale: sono memorabili alcuni dei suoi match, su tutti quello contro George Foreman, disputato nel 1974 a Kinshasa, nell’allora Zaire. Dopo otto round in cui Muhammad Alì sembrava essere succube dell’avversario ed era rimasto per tutto il tempo alle corde facendosi colpire, ha reagito alla fine approfittando della debolezza di Foreman, sferrando una serie di colpi che gli sono valsi il secondo titolo di campione del mondo. Per molti Muhammad Alì non è stato solo lo sport ma anche le battaglie per i diritti civili, fin dall’inizio del suo successo è stato considerato un grande personaggio, tanto che nel 2001 il regista Michael Mann ha diretto il biopic “Alì” che racconta la sua storia e che vede protagonista Will Smith nei panni del pugile. Un altro dei film a lui dedicati è “Muhammad Ali’s Greatest Fight” di Stephen Frears, uscito nel 2013, che racconta la grande battaglia di Muhammad Alì contro il Governo americano per aver rifiutato di andare a combattere la guerra in Vietnam, una scelta che destò grande scalpore ma gli valse l’ammirazione del pubbico, che oggi gli porge l’ultimo saluto.