Ci sono certi momenti in cui ci si trova a fare i conti con uno dei dischi più attesi dell’anno e, nell’aria, aleggia sempre quel timore di sbagliare anche solo a scrivere una virgola. Non che ci sia bisogno di nascondersi, sia inteso, ma “The 2nd Law” dei Muse non è un disco facile da recensire a priori. Il fandom dei Muse è fra i più “particolari” del panorama musicale e, cercando di estrapolare i primi commenti in merito al disco, è stato immediatamente visibile quanto i Muse, ancora dopo anni, sanno dividere come ben pochi altri gruppi. Si inizia a gridare al capolavoro assoluto, si inizia a denigrare la band giudicando l’album con un misero 1 (troverete facilmente nel web qualche recensione che non ha esitato ad assegnare il voto 1 all’album in questione), si prosegue cercando di trovare a tutti i costi la canzone copiata o, contrariamente, quella che fa subito urlare al capolavoro assoluto. A mio modesto avviso, ci vuole sempre un filo logico di coerenza, non solo nella musica in generale ma anche nelle recensioni. Dopo questa premessa, doverosa per spiegare quale vuole essere la linea di giudizio di questa recensione, proseguiamo alla scoperta di “The 2nd Law”.
Muse – “The 2nd Law”, l’analisi del disco:
Sesto album in studio dei Muse, il disco sarà pubblicato l’1 Ottobre 2012.
La tracklist del lavoro è la seguente:
- Supremacy
- Madness
- Panic Station
- Survival (Prelude)
- Survival
- Follow Me
- Animals
- Explorers
- Big Freeze
- Save Me – 5:09 (Chris Wolstenholme)
- Liquid State – 3:03 (Chris Wolstenholme)
- The 2nd Law: Unsustainable
- The 2nd Law: Isolated System
Il disco inizia con “Supremacy“, classica traccia alla Bellamy e soci ultimo periodo, che inizia ad introdurre l’ascoltatore in questo lavoro che di certo ha una difficoltà di base non irrilevante. Ancora una volta spicca il “cambio” di voce di Matt Bellamy che avevamo già segnalato sia con “Survival” sia con “Madness”. Come indiscrezione vuole, il cantante dei Muse sembra abbia preso lezioni di canto e, questo, ha di certo influito sulla sua voce che appare molto più pulita e chiara. Questo sembrerebbe sicuramente un miglioramento se non fosse che, coloro che si sono divorati la discografia dei Muse, noteranno immediatamente il cambiamento e di certo qualche minuto di destabilizzazione è più che lecito.
Si passa poi a “Madness“, singolo che i Muse hanno scelto per presentare “The 2nd Law”; la canzone ancora una volta ha diviso profondamente i fan e, personalmente trovo che darà il meglio del proprio potenziale in versione live. Non di certo una delle migliori tracce del disco ma sicuramente non da cestinare dopo il primo ascolto soprattutto se amate le sonorità degli U2, visto che la canzone assomiglia molto al sound di Bono e soci. Le prime due tracce sono ancora un enorme punto domanda e si proseguirà così per buona parte del disco.
“Panic Station” porta i Muse in pieni anni ’80. La canzone spontaneamente fa pensare a qualche somiglianza e, ognuno farà le proprie considerazioni ma certo è, non terminerete l’ascolto senza dire “ma assomiglia a …”. Personalmente, trovo che l’inizio peschi a piene mane da Michael Jackson anche se “Another One Bites The Dust” dei Queen ti si presenta davanti ascoltando “Panic Station” e il risultato è una profonda confusione. Matt e soci probabilmente si divertiranno moltissimo a portare sul palco “Panic Station”, classica canzone che fa muovere anche coloro che solitamente sono rigidi come un bastone ma, il risultato ancora una volta è un enorme “mah”.
Il “Prelude” e “Survival” fanno immediatamente pensare alle Olimpiadi ed è difficile troncare la connessione che spontaneamente si crea nella mente. Accompagnata da un testo molto azzeccato, “Survival” risulta essere troppo maestosa. La traccia convince solo e unicamente come Inno delle Olimpiadi, per il resto tutta questa pomposità nei Muse personalmente non mi è mai piaciuta e il pseudo-orrore di “The Resistance” si palesa davanti come un fantasma che fortunatamente non resta a lungo. Quando i Muse pescano troppo dal repertorio Queen, il giudizio cala inesorabilmente e in questo disco, seppur sicuramente meno rispetto al precedente lavoro, vi è ancora qualche rimando alla band di Freddie Mercury.
Da “Follow Me” in poi il disco migliora decisamente. Ancora una volta la strategia dei Muse è contro ciò che ci si aspetterebbe ossia canzoni d’impatto all’inizio, proseguo di livello medio-alto e qualche canzone discendente. “The 2nd Law” funziona esattamente al contrario, se la prima parte non convince per niente la seconda riesce a strappare qualche “Oh!” molto più convinto. “Follow Me” la reputo una delle tracce più riuscite del disco, il battito cardiaco del figlio di Matt predispone già verso una traccia che si può definire come profondamente dolce, una melodia che avvolge e un testo che resta appiccicato addosso. Si passa poi ad “Animals“, un’altra traccia che fa trarre un sospiro di sollievo per le sorti di “The 2nd Law”; anche qui ci troviamo davanti ad uno dei pezzi più riusciti dell’album con un rimando ai Muse degli inizi. Il brano riesce ad essere perfettamente targato Muse, senza altre influenze scomode e fuorvianti. La traccia probabilmente è quella con meno sperimentazione ma, respirare i Muse a pieni polmoni è qualcosa che fa profondamente bene, specialmente dopo tracce da alzata di sopracciglio.
“Explorers” forma un trio perfetto assieme a “Follow Me” e “Animals”. Il trio delle canzoni più riuscite dell’album, seguite dalle buonissime prove di Chris. Anche in questo caso vi è un profondo richiamo ai Muse prima maniera e, anche mantenendo tutto il self control possibile ciò che si può esclamare è “Allora non vi siete dimenticati i capolavori di album che avete fatto solo qualche anno fa!” (Esclamazione ovviamente rivolta ai Muse). La canzone emoziona, è intensa, davvero un’ottima prova e live, a mio avviso, sarà un brano perfetto per vivere il lato dei Muse maggiormente coinvolgente.
“Big Freeze” anche in questo caso profuma di anni ’80 – ’90 e, seppur sicuramente non è una traccia eccelsa, si lascia ascoltare senza sollevare troppi punti di domanda. Una traccia “riempitiva” che non aggiunge e toglie niente al lavoro. Si passa poi a “Save Me” e “Liquid State”, entrambe cantate dal bassista Chris Wolsthenholme ed entrambe trattano tematiche molto delicate. Ricordiamo che Chris ha vissuto un periodo difficile dato dall’abuso di alcolici che lo ha portato ad intraprendere poi una disintossicazione assolutamente ben riuscita. E’ una gioia rivedere sul palco Chris in questa forma ottima che sta sfoggiando proprio in “The 2nd Law” e nelle prime esibizioni del gruppo. Matt, indiscusso paroliere della formazione e fino ad ora unico cantante, cede le redini vocali a Chris per queste due canzoni che sono una sorpresa assoluta. “Save Me” è così raffinata e profonda da ascoltare in religioso silenzio. La sorpresa migliore del disco. “Liquid State” aumenta di ritmo e cala leggermente nelle mie preferenze ma si fa apprezzare anch’essa soprattutto per un testo molto ben congegnato. La prova come cantante di Chris va assolutamente promossa a pienissimi voti.
“The 2nd Law” si conclude con “Unsustainable” e “Isolated System”: la prima è il pezzo dubstep tanto citato, criticato, amato ma soprattutto odiato. Pezzo che ha fatto urlare venduti ai Muse, che ha fatto urlare all’utilizzo di un suono profondamente diverso da quanto fatto precedentemente. La traccia spiazza ma non riesce a risultare negativa. Sicuramente non c’entra nulla con i Muse ma, seppur non sia da promuovere a pieni voti è qualcosa di innovativo per il trio UK. Il disco più discusso dell’anno si chiude con “Isolated System” che, personalmente, ho dovuto ascoltare più e più volte per convincermi che davvero era finita così. La traccia sembra una parte di colonna sonora di un film, di una scena particolarmente intensa e importante, in un crescendo che alla fine si spezza. “Isolated System” termina senza portare l’ascoltatore per mano verso la fine del disco ma lo fa cadere da un dirupo con uno scossone inaspettato.
Dopo varie riflessioni e dopo ascolti a ripetizione continua, a mio avviso “The 2nd Law” non è assolutamente un disco da bocciare. Vanta di almeno 5 tracce che strappano una votazione alta ma, il problema sostanziale del disco è la mancanza di un filo conduttore; per tutta la durata di “The 2nd Law” ci si affanna nel capire dove sia questo filo che dovrebbe ricongiungersi in un cerchio musicale perfetto. “The 2nd Law” manca totalmente da questo punto di vista, i brani sono talmente diversi da non poter trovare un collegamento spontaneo fra di essi. Il disco è un miglioramento senza dubbio rispetto a “The Resistance” che personalmente ho bocciato senza ritegno, però da qui ad urlare al capolavoro ce ne vuole. I Muse sanno fare dischi da Oscar, basta citare Origin of Symmetry ma è anche vero che l’evoluzione di un gruppo è inevitabile. Sperare o meglio desiderare che il trio sia quello degli inizi è una vana illusione. Di certo ci troviamo davanti ad una delle migliori band al mondo, da cui ci si aspetta sicuramente di più ma, qualche perla da “The 2nd Law” ce la si porterà dietro come un bel ricordo di un disco “problematico”.
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