Presentato alla scorsa Mostra del cinema di Venezia, nella sezione fuori concorso, “Notizie degli scavi” è la storia di due solitudini che si incontrano e trovano conforto l’un l’altra all’interno di un mondo che non comprendono e da cui non si sentono compresi.
Il protagonista della vicenda è un omone di circa quarant’anni dall’aria perennemente assorta, stupida di fronte alla vita e dall’aspetto piuttosto scialbo, soprannominato ironicamente il “professore” (interpretato da Giuseppe Battiston). Il “professore” lavora come uomo tuttofare in una casa chiusa del centro di Roma e per via della sua indole buona, ma stralunata (alla Forrest Gump) combina prevalentemente pasticci. Apparentemente chiuso alla coscienza, ha nei confronti delle cose un’attenzione spiazzante e imprevedibile, che lo porta a distrarsi, inseguendo il filo di un pensiero spesso incongruo rispetto alle contingenze. La piattezza e lo squallore della sua vita viene scossa dalla relazione occasionale che intraprende con la Marchesa (Ambra Angiolini), una prostituta che in passato era una della casa, e che ha tentato il suicidio in seguito ad una delusione d’amore. Il “professore” si reca a trovarla in ospedale e in un crescendo di attenzioni, di piccoli favori, di gesti semplici e gentili complicità, sembra che tra i due possa nascere un improbabile sentimento di simpatia destinato a crescere e a sfociare, chissà, in qualcos’altro. Il film di Emidio Greco ha un’impostazione prettamente teatrale: spazi prevalentemente chiusi (con la notevole e splendida eccezione di Villa Adriana il luogo in cui il “professore” va a rifugiarsi per dedicarsi alle sue attività di conoscenza e autoformazione, contemplando quegli straordinari scavi che danno il titolo al film e che di fatto sono l’unica evasione per l’uomo da un’esistenza misera e priva di soddisfazioni personali), macchina da presa sostanzialmente ferma a favorire la monodimensionalità dell’azione tipica della recitazione da palcoscenico, forti componenti di introspezione e intimismo che emergono più dalle parole dei protagonisti che non dai loro gesti o dalle loro azioni. “Notizie degli scavi” è tratto da un racconto di Franco Lucentini del 1964 ed effettivamente il film di Greco risente notevolmente di una certa alterità rispetto al tempo presente, palesemente e consapevolmente fuori dal tempo. In tal modo il film risulta abbastanza irricevibile, sia per via di una storia abbastanza esile e non particolarmente originale, sia, soprattutto, per via di una messa in scena troppo monocorde, piatta e scialba. Il confine tra affascinante minimalismo e insopportabile noia è assai labile, e “Notizie degli scavi” sprofonda inesorabilmente verso questa seconda opzione, rendendo i 90 minuti scarsi una vera e propria agonia per lo spettatore che si trova disarmato di fronte ad un racconto che vorrebbe essere profondo e commovente, ma che invece risulta a più riprese involontariamente ridicolo.
Pessima la prova di Giuseppe Battiston (ed è un peccato vedere uno dei migliori attori italiani contemporanei coinvolto in progetti simili), che dà vita alla caratterizzazione di un personaggio autistico, ma palesemente falso, macchiettistico al limite dell’urticante. Se possibile fa anche di peggio Ambra Angiolini, la cui recitazione è sospesa tra una declamazione enfatica francamente inutile e una rigidità pressoché totale per quanto concerne la recitazione fisica, basata su sguardi, ammiccamenti, piccoli impercettibili gesti che potrebbero valorizzare la complessità del suo personaggio. Per non parlare di una sceneggiatura dilettantesca, che alterna momenti di assordante silenzio che vorrebbero rendere evidente la solitudine dei personaggi (ma il concetto è talmente insistito, palesato e ripetutamente riproposto da stancare molto presto e precludere qualsiasi coinvolgimento empatico) a dialoghi dal gusto sinistramente arcaico, retrò, nebulosi e artefatti, sentore di una mancanza di idee francamente preoccupante. E come detto la regia di Emidio Greco non aiuta minimamente ad entrare in sintonia né con la vicenda narrata né con i personaggi che la vivono, creando invece una sorta di invalicabile distanza tra la realtà scenica e il fruitore che perde interesse per la storia quasi immediatamente. Da evitare.