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Nuju: 3° (mondo). La Recensione

I Nuju tornano con “3° (mondo)”, lavoro che a circa un anno e mezzo da “Atto Secondo” conferma il coraggio e la voglia di fare della band calabrese. Reduce anche dallesperienza di Campovolo 2.0, Una maggiore maturità e una intrinseca consapevolezza porta il gruppo a realizzare questo terzo album che prosegue un cammino ben preciso, senza perdere la strada maestra, nonostante un leggero sapore di novità.

3° (mondo)” sembra essere un disco di transizione, almeno per ciò che concerne lo stile musicale, per metà sullo stile ormai classico dei Nuju, per metà coperto da nuove contaminazioni, in diversi brani si sentono influenze dell’elettronica, ma tutto senza perdere le proprie radici o abbandonare il proprio essere. In realtà è la conclusione di una trilogia iniziata con “Nuju”, in cui veniva raccontata la precarietà, proseguita con “Atto secondo”, in cui a farla da padrone era la frenesia, e che termina in questo disco, con riflessioni amare anche se sempre ironiche, con la rabbia di chi non riesce più a resistere vivendo senza prospettive reali.

Nuju - 3° (mondo) - Artwork

L’album apre con “Ho visto un Uomo“, brano in pieno stile Nuju che apre lentamente per poi subito andare di ritmo e che ci fa riconoscere immediatamente la voce matura di Fabrizio Cariati. Lo sfogo della rabbia di chi viene privato della propria dignità ed è inserito in un sistema ormai standard si fa sentire tutta, però la speranza non muore ed il finale è un incoraggiamento al cambiamento.
Fuori Gregge” è il naturale prosieguo di quanto detto, il messaggio è quello di uscire dalle regole preconfezionate dalla società attuale, su una musica abbastanza movimentata e degli ottimi giri sulla chitarra classica di Giuseppe Licciardi.
Si arriva così al primo singolo, di cui è stato già girato anche il video, “La Rapina“, canzone in cui la batteria di Stefano Stalteri imprime voglia di saltare e urlare, dove sempre la società è il tema comune, questa volta  con l’uomo che le ruota attorno cercando il suo attimo di notorietà e dicendole senza mezzi termini, come nel pezzo “se fossi stato un ladro avrei dovuto far politica, invece sono un matto innamorato della musica“.
Il concetto del’esser famoso, sull’idea Warholiana, torna subito nel brano “L’Artista” , con l’illusione di una partenza lenta nell’inciso sa salire nel ritornello dando la giusta atmosfera tra la fisarmonica di Roberto Virardi, il sax di Gaetano Santoro e il violino di Francesco Fry Moneti.

L’aria di cambiamento arriva con “Il Furgone“, dove si sentono le influenze dell’elettronica, il Synth di Roberto Virardi si fa sentire notevolmente in quello che sembra essere un discorso tra i membri della band nel conflitto che spesso nasce tra l’arte vista come lavoro e la scelta di usarlo come strumento per trasmettere dei valori.
Inizia subito facendo sentire l’elettronica anche “Compromessi“, quello che forse è il pezzo più sperimentale di tutto il disco e sicuramente quello che osa di più, e proprio un pezzo che compromessi, come dice il titolo stesso, non ne vuole, così la musica trasmette bene il messaggio che le parole raccontano.
Più moderata ma sempre abbastanza sopra le righe è “Bastardi e Pezzenti“, inno alla ribellione ad un sistema che giorno dopo giorno ci porta più verso il basso, con il vernacolo nel ritornello “trema la terra, tremanu li mani, trema la terra su tempi i guerra” che non ha mezzi termini sia nel suonato che nel cantato.

Ritmo più leggero e classico quello di “Lavoro ad Agosto“, anche se poi il tema del testo non si discosta molto dal precedente, anche qui è un incoraggiamento ad andare avanti e a superare il futile.
Duro il testo de’ “Il Mafiologo“, che come riporta il booklet è tratto da una storia vera, è un attacco alla mafia, è un dire “noi non ci stiamo a queste condizioni“, il tutto accompagnato a un ritmo alternato, a tratti veloce e sfuggente, a tratti lento e triste.
Segue prima della chiusura “In Assenza di Gravità“, il pezzo che forse a primo ascolto piace di meno ma che nasconde dentro le parole un invito agli ascoltatori di credere nei valori e negli ideali giusti.
Il disco si chiude con “Come Vorrei“, canzone che apre lentamente con la chitarra di Marco Ambrosi che accompagna la voce di Fabrizio Cariati in quella che è quasi una preghiera, o meglio è la speranza che ciò in cui si crede e ciò che per un disco intero si è cantato possa diventare realtà e così non esista più quel 3° Mondo che ora c’è e ci limita.

In conclusione “3° (mondo)” è un lavoro riuscitissimo, che apre nuove strade ai Nuju e chiude una trilogia ormai giunta al termine. La speranza per loro è che nei lavori futuri trovino la linfa vitale per concretizzare quanto di già buono hanno mostrato.

Dite la vostra!

 

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