Il Natale esiste da sempre. Come la prima — grottesca— immagine di Ogni maledetto Natale mostra, cinquantamila anni fa non aveva alcun significato religioso e certo il capitalismo e la moderna bulimia dei regali era lungi a venire, ma qualcosa accomuna questa particolare giornata a quella che era per esempio nell’antica Roma la festa dei Saturnari.
A dicembre le giornate sono corte, fredde e buie. L’eccesso cui la nostra società dello spettacolo ci obbliga con festeggiamenti forzati viene catalizzata e sublimata nell’assurda e spasmodica corsa alla ricerca di beni materiali e al consumo senza limite di cibarie e panettoni.
L’uomo da sempre reagisce a questa pantomima in cui deve figurare allegro e felice con un impazzimento di luci, caos, esasperazioni, feste e sacrifici.
Ogni dicembre una follia collettiva si impadronisce di ognuno e le famiglie — anche quelle che si ricordano di esserlo solo in occasione delle ricorrenze — paiono d’improvviso unite e vogliono essere gratificate e glorificate.
A Natale ci vengono rovesciate addosso secchiate di aspettative che non ci appartengono ma che sono piuttosto malvoluti frutti delle nostre usanze collettive.
Fingere e ostentare felicità sono le parole d’ordine. La consuetudine italiana al cinema, si sa, é quella dei cinepanettoni, contro cui Ogni maledetto natale — per la regia di Giacomo Ciarrapico, Mattia Torre e Luca Vendruscolo — si scaglia proponendo una commedia sentimentale e al tempo stesso satirica, un film scritto e diretto con libertà e sincerità che col pretesto delle festività tenta di affrontare un tema di più ampio respiro: lo iato che intercorre fra quello che vorremmo fare e quello che dobbiamo fare, ciò che gli altri si aspetterebbero da noi.
Così la purezza di due giovani innamorati e pieni di speranze deve superare il Natale con tutti i suoi annessi e connessi di presentazioni alle famiglie e formalità. Questa la domanda che pone il film: può l’amore sopravvivere al Natale? Già, perché l’incubo del Natale è proprio la grande prova che Massimo Marinelli Lops (Alessandro Cattelan) e Giulia Colardo (Alessandra Mastronardi) devono superare.
Il film perfettamente tripartito ci presenta prima la famiglia di lei poi quella di lui, per arrivare infine al classico happy ending della —moderna— commedia all’italiana.
Tesi: la famiglia di lei, i Colorado, creature che paiono emerse dalla terra di una Tuscia immaginaria. Lottano contro le tenebre del mondo fuori, contro cui si barricano in un vecchio casolare di campagna.
Antitesi: la famiglia di lui, i Marinelli Rops, miliardari che abitano in un palazzo principesco nel centro di Roma ma nella periferia della realtà. Sono padroni di un impero ma conoscono a malapena il nome dei loro innumerevoli inservienti.
Sintesi: come mostra il fatto che entrambe le famiglie sono interpretate dallo stesso gruppo di attori — fra cui spiccano Marco Giallini, Corrado Guzzanti, Valerio Mastandrea e Laura Morante — bando alle apparenze: il Natale è lo stesso, squallido e finto per tutte le famiglie — posto che si abbia la fortuna o forse la sfortuna di averne una— .