La vicenda di Marco Paoloni, portiere coinvolto nello scandalo scommessse detenuto nel carcere di Cremona fino a ieri ed oggi agli arresti domiciliari, ha riferito di aver ricevuto una pesante intimidazione da un uomo armato di una pistola semiautomatica, un emissario di Bellavista (ex capitano del Bari) e di Giannone, che lo ha raggiunto a Benevento sotto l’albergo sotto il quale si trovava. L’obiettivo della minaccia era quello di convincere il portiere a versare una somma di 300 mila euro: il portiere preparò così l’assegno frettolosamente e venne raggiunto dall’emissario sotto un albergo di Benevento, in pieno giorno, alle 12.30: all’arrivo dell’emissario di Bellavista e Giannone, un uomo barese, al portiere vennero richiesti ulteriori 50 mila euro, sotto la minaccia di estrarre l’arma dalla tasca della giacca. La motivazione delle minacce risiede nel fallimento delle puntate “organizzate” su Benevento – Pistoiese: il portiere, allora titolare del Benevento, aveva garantito che finisse con un over mentre il match terminò soltanto per 1-0, causando la mancata vincita al gruppo di Bellavista e soci. Inoltre, sempre dalle dichiarazioni di Paoloni, emergono conferme sull’altra partita, ormai celebre per la vicenda “combine”, Inter – Lecce, in cui il portiere Marco Paoloni avrebbe finto di essere l’attaccante del Lecce Daniele Corvia, con il quale Paoloni aveva giocato ai tempi della Primavera della Roma, per poter assicurare (in modo credibile) ad Erodiani che il match avrebbe potuto finire con un over, anche con il coinvolgimento di altri giocatori salentini, come il portiere ed alcuni difensori. Un ulteriore inquietante dettaglio che infarcisce la già complessa vicenda, un particolare non trascurabile per comprendere i reali risvolti di un indagine dai contorni oscuri e torbidi.