“Paradiso amaro”, una delle pellicole più interessanti dell’annata cinematografica, soprattutto per due motivi: segna il ritorno alla regia del versatile Alexander Payne (“A proposito di Schmidt”, “Sideways – In viaggio con Jack“) e la consacrazione di George Clooney qui impegnato in una rara prestazione drammatica. Il cast viene completato dalla brava Shailene Woodley (interpreta la figlia del bel George), Beau Bridges, Robert Forster e Judy Greer. La pellicola è stata nominata per la prossima edizione degli Academy Awards in seguito al notevole successo riscosso da critica e pubblico. Questa è la nostra recensione:
Il film
Matt King è un brillante uomo di mezza età, erede di una facoltosa famiglia hawaiiana che ha permesso a lui e cugini vari di vivere senza alcuna ristrettezza economica. Il conto in banca e la ingente eredità non hanno però garantito a Matt (interpretato da uno strepitoso George Clooney) la stabilità famigliare, stravolta da un terribile incidente: Elisabeth, la sua compagna, è vittima di un incidente nautico che la porterà in coma irreversibile lasciando al marito il compito di prendersi cura della piccola e vivace Scottie e di Alexandra, adolescente ribelle che vive lontano da casa, tra droghe e ragazzi più grandi, mostrando un risentimento acceso verso i propri genitori ( esemplificativo l’ingresso in scena della giovane che in pochi secondi insulta il padre e la madre).
Il genitore di riserva, così appare Clooney, sarà ulteriormente scosso dalla notizia che la moglie frequentava un altro uomo e che avrebbe chiesto il divorzio. Il tutto sullo sfondo delle Hawaii mai così malinconiche. Il protagonista della pellicola ci “racconta” il film, la storia grazie alla voce fuori campo che ci “legge” i pensieri dell’uomo creando una perfetta sinergia tra linguaggio visivo e parlato e permettendoci di entrare ben presto in empatia con quell’uomo che all’apparenza sembra un predestinato, uno di quelli fortunati, con una bella villa – con piscina – uno studio legale ben avviato, una splendida moglie e due figlie. Peccato che a cominciare dalle Hawaii – letteralmente sdoganate – da Matt “Paradiso un c….”, tutto giri in senso antiorario alla fortuna. Se è vero, come diceva qualcuno “io la fortuna me la creò (“Titanic” di James Cameron), in questo caso la fortuna è arrivata grazie agli abili avi. Ma non basta per essere un buon marito: “non sento mia moglie da tre giorni ma in realtà sono tre mesi” la dice lunga sul rapporto di Matt con la moglie Elisabeth. Aggiungeteci una figlia dispettosa che manda sms “crudeli” a una compagna di classe, un’altra in piena fase ribelle adolescenziale, amici omertosi, un suocero che vi odia ed ecco che avrete una panoramica della prima parte del film. Un prologo alle difficili decisioni che dovrà prendere Matt: conoscere o meno l’amante della moglie? Vendere l’ultimo pezzo di terreno ereditato che garantirebbe benessere economico per lui e la famiglia? e salutare la moglie, l’ultimo saluto, anzi. Poiché il dottore è stato chiaro: Elisabeth non si sveglierà e le sue ultime volontà parlano chiaro, non vuole restare in vita grazie a una macchina. Meglio una dignitosa dipartita con annessa concessione per la donazione degli organi.
Commenti finali
Forse è abbastanza scontato ma una tragedia può far riappacificare una famiglia, può creare dinamiche ex novo, può creare sinergie nel rapporto tra padre e figlia, e parliamo soprattutto di Alexandra, impeccabile nella veloce rinascita in fenice matura, in donna, con tutte le responsabilità del caso. L’amaro del titolo richiama la paradossale bolla nella quale sono rinchiusi i protagonisti della pellicola di Payne, la volontà di girare la pellicola esclusivamente negli scenari hawaiiani è un punto di forza, poiché riesce a svelare una realtà sopita in quel contrasto continuo tra paesaggi da cartolina e letto d’ospedale, tra le onde dell’oceano e la morte, tra dolore e forza di andare avanti, tra dramma e ironia. Intenzione non mascherata quella del regista, di mostrare una storia attraverso il volto dei personaggi, che con la loro espressività riescono a dettare il ritmo della pellicola. Al regista greco non resta osservare da lontano lo svolgersi degli eventi. Senza intervenire e riuscendo a non farci deprimere ispirandoci e lasciandoci con l’esplicito messaggio che una vita nel paradiso può diventare molto amara ma che, nonostante tutto, possiamo trovare la forza per andare avanti. Proprio come Matt/Clooney mai così efficace, mai così lontano dalla sua immagine sexy, mai così uomo normale con le sue debolezze e continue insicurezze.
Consigliato
[starreview tpl=16]