Secondo Paul McGuinness, famoso per essere il manager di artisti del calibro di PJ Harvey, Art of Noise, Paddy Casey, Mytownband, The Rapture e soprattutto degli U2, è da sempre avverso alle tecnologie digitali per la diffusione della musica, dopo aver anni fa chiesto protezione e soprattutto soldi agli Internet Service Provider torna ora sulla musica digitale diffusa via internet ed in particolare attacca i modelli di business gratuiti.
Secondo McGuiness la musica gratuita in internet si baserebbe su un modello di business perdente, quello basato sui ricavi pubblicitari non porterebbe reali guadagni nelle casse degli artisti, delle case discografiche, dei produttori e dei manager.
McGuiness, in un intervista per CNET fatta da Greg Sandoval (ripresa da Rockol), dice:
“Quando si discute di queste questioni si finisce spesso per parlare di Rupert Murdoch. Lui, naturalmente, è nel business dello sport. In quello del cinema, e della carta stampata. E’ un produttore e un distributore di contenuti di enorme importanza. E ho trovato molto interessante il fatto che di recente abbia predetto che le notizie on-line, in futuro, dovranno essere pagate e che il modello fondato sulla pubblicità si sta dimostrando un fallimento.”
Paul McGuiness utilizza il vento alzato da Murdoch per cercare di spiccare il volo e approfittare dell’occasione data dal magnate australiano per giocare sui propri interessi, torna poi ancora una volta sugli ISP:
“I progressi che hanno fatto sono in parte illusori. Gli ISP, come gruppo, si fanno sentire quando è necessario farlo per ragioni politiche o perché in giro c’è un timore diffuso, per esempio su questioni che riguardano la sicurezza, la pornografia o la pedofilia su Internet. In quei casi sono velocissimi a difendersi contro ogni forma di legislazione, intervento o monitoraggio. Non sono sicuro che si tratti sempre di una reazione sincera perché i provider, nel loro insieme, per molto tempo sono stati più interessati a vendere abbonamenti alla banda larga in giro per il mondo che a fare ciò che è giusto. Oggi che forse le vendite di connessioni broadband si sono saturate in molti mercati, si stanno finalmente ma realisticamente orientando alla ricerca di fonti di ricavo in collaborazione con i fornitori dei contenuti. Spero solo che non sia troppo tardi.”
Ancora una volta il sospetto è quello che McGuinness voglia curare solo i propri interessi, attacca sulla questione della banda larga non considerando i reali vantaggi che gli utenti possono trarre dalle nuove tecnologie, ma sicuramente valutando solo la possibilità data a chiuque di scaricare facilmente contenuti illegali.
Anche sul caso The Pirate Bay la sua posizione non migliora:
“Ci sono alcuni loschi figuri, dietro quella specie di hippy che lo rappresentano. Businessmen dal retroterra politico e imprenditoriale poco limpido. Naturalmente è possibile individuare un’operazione del tipo Pirate Bay in ogni parte del mondo. E se il copyright deve continuare a essere uno dei pilastri della nostra civiltà dovrà esserci una sorta di fermo appoggio internazionale per chi svolge un lavoro creativo (…). Gli U2 sono ricchi e non hanno più bisogno di soldi? Vero, ma qui si tratta di questioni di principio, e tanti altri non si trovano nella stessa situazione. Ricordiamoci che la band è diventata la più grande attrazione concertistica mondiale grazie alla capacità che le grandi case discografiche avevano di creare delle star mondiali. Oggi non c’è nulla all’orizzonte che possa rimpiazzare quel lavoro.“
Un attacco diretto e tra l’altro anche errato, identificando i proprietari di The Pirate Bay come imprenditori loschi. Sorge poi un dubbio su ciò che dichiara, senza la casa discografica gli U2 non avrebbero avuto lo stesso valore? Cioè McGuinness ha dichiarato che gli U2 sono solo una grande mossa pubblicitaria da parte di chi gestisce i propri interessi?
Per quanto riguarda i rapporti con le case discografiche Island/Universal, Paul McGuinness tiene a precisare che gli U2 e lui non vedono l’etichetta come un nemico, dicendo:
“So che l’industria ha lasciato delle vittime lungo il percorso, e che molta gente ha dovuto firmare pessimi contratti. Ma non è il nostro caso. La Island Records, che è stata acquistata da PolyGram e successivamente da Universal, ci ha dato la possibilità di sfondare a livello mondiale. Anche se agli inizi aveva 19 diversi licenziatari nel mondo siamo stati in grado di portare ‘The Joshua tree’ al primo posto in 30 diversi paesi. Le case discografiche erano straordinarie macchine per il marketing e la distribuzione pronte ad essere utilizzate, purché ti dessero il modo di mettere le mani sui comandi. E’ quello che cerchi di ottenere, quando firmi un contratto e ti sforzi di migliorarlo nel corso degli anni. Ed è quello che abbiamo fatto con gli U2, che posseggono il master di ogni canzone che hanno registrato e il copyright di ogni canzone che hanno scritto. E’ una situazione inusuale, lo so, ma non è impossibile arrivarci.“
Quindi il manager tiene a precisare che gli U2 gestiscono i propri diritti ma ancora una volta punta sul lavoro di marketing fatto dalla casa discografica e non sulla qualità degli artisti che compongono gli U2, dovremo forse tutti ricrederci sulle qualità artistiche di Bono, The Edge, Adam Clayton e Larry Mullen?
Paul McGuinness chiude parlando dell’esperimento di vendita on-line fatta dai Radiohead con l’album “In rainbows” con la modalità “paga quanto vuoi”:
“Condivido il loro punto di vista secondo cui il prezzo del prodotto è sempre stato un grosso problema. Per troppo tempo l’industria discografica ha cercato di restare aggrappata a un prezzo che non era realistico. Credo che il probabile futuro consisterà in una distribuzione più ampia di prodotti a prezzo più basso.“
Capisce che i prezzi devono essere abbassati ma non caisce il reale modello applicato. La domanda che pongo a me stesso e a voi è ora: Che Paul McGuinness stia cercando soltanto un metodo per distruggere i metodi alternativi che si stanno creando online e che mettono di lato i manager come lui?