Recentemente premiato con quattro nomination agli Oscar, “Philomena” di Stephen Frears è uno dei titoli più interessanti della stagione.
Interpretato da Judi Dench e Steve Coogan il film è ispirato a un fatto realmente accaduto a Philomena Lee, una donna irlandese che in età poco più che adolescenziale mise al mondo un bambino che vide poi sparire nel nulla a causa dell’ omertà di un convento della cittadina di Roscrea. Premio Osella per la migliore sceneggiatura a Venezia, “Philomena” concorrerà ai prossimi Oscar nelle categorie Miglior film, Miglior attrice protagonista , Miglior sceneggiatura non originale e Miglior colonna sonora.
Trama
Martin è un affermato giornalista ed ex consulente del Partito Laburista per Tony Blair. Nonostante sogni di affermarsi con un libro sulla storia russa verrà casualmente coinvolto in una storia dall’oscuro passato grazie a una donna che gli racconterà di Philomena, sua madre, una donna che negli anni cinquanta partorì tra mille difficoltà all’interno di un convento di suore in Irlanda. Vista privarsi del suo figlio, Philomena, più di cinquant’anni dopo, cerca ancora di scorprire la verità e sogna di poter finalmente abbracciare il suo Anthony. Lei e Martin partiranno quindi per un viaggio negli Stati Uniti e scopriranno una incredibile e dolorosa verità.
Giudizio
Colpisce, inevitabilmente, la gestione del film. Chi si aspetta una noiosa e fin troppo drammatica pellicola “di nicchia” vedrà con piacere crollare le sue certezze perché “Philomena” arriva dritto al cuore dello spettatore ma lo fa commuovendolo e divertendolo in una girandola di emozioni umane con al centro una sontuosa Judi Dench. L’approccio, da una parte religioso con punte di fondamentalismo, e dall’altra ateo con un cinismo esasperato, permette un equilibrio altrimenti difficilmente realizzabile. Impresa complicata rimanere neutri, non indignarsi per quel credo nel Signore che sì, lascia libero arbitrio ma che ci illudiamo che “indirizzi” su una presunta retta via almeno chi diffonde la sua voce,. Allo stesso tempo l’approccio poco umano del giornalista ci lascia pensare che sia, in realtà, la strada del perdono e della misericordia quella giusta da percorrere. Il carattere dei due protagonisti, con una radice chiaramente territoriale che impone “l’inglese” come più emancipato e all’apparenza colto e l’irlandese come credulona e terribilmente ingengua, convince alla luce dello scritto di riferimento. Perché, ricordiamolo, Philomena è un fatto di cronaca, è una delle pagine vergognose della storia che meriterebbe, e meritava, sit- in stile Plaza de Mayo.
Frears si mostra super partes, racconta gli eventi e ci invita, forse non proprio involontariamente, ad assumere una posizione. Difficoltà ribadita dalla intensità delle due parti, entrambe assolutamente credibili. Chi è senza peccato, verrebbe da dire, scagli la prima pietra e anche se ai nostri occhi la storia di Philomena può apparire crudele, inaccettabile e moralmente al di fuori di ogni logica, proprio perché perpretrata dalle suore di un convento, non possiamo che rispettare il suo volere. Pur assurdo che sia, il perdono, non lo dimentichiamo, è atto umano di straordinario valore ed è appannaggio delle persone forti, o se preferite ingenue.
Novanta intensi minuti ben recitati, ben diretti e accompagnati da una meravigliosa colonna sonora e dalle splendide rughe di una Judi Dench da Oscar.