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Polar for the Masses: “Italico”. La recensione

Polar for the Masses raggiungono quota quattro tasselli facenti parte la discografia ufficiale: “Italico” è stato pubblicato lo scorso 22 Febbraio 2013 nel mercato discografico tramite l’etichetta  LA GRANDE V RECORDS primo capitolo concepito interamente in lingua italiana dopo “Let me be here” (2007), “Blended” (2009) e “Silence” (2011). L’esperimento gode di una notevole capacità espressiva, una maturità di scrittura palese in cui si maschiano sonorità che spaziano dal rock più ruvido con spruzzi psichedelici perfettamente in sintonia con i contenuti latenti dell’album: potremmo definirlo – al riguardo – un concept album proprio per i temi affrontati; basta il titolo e l’artwork per avere una vaga idea del contenuto.

Qualche nota biografica. Il trio nasce nel 2003 ad opera di Simone Pass (voce e chitarra), Jordan Brea (batteria) e Davide Dalla Pria (voce e basso), già attivi in un’altra formazione, che pubblicano il primo Ep nel 2004 dal titolo “Garage Session” – riscontro positivo di critica e pubblico. Concepito interamente in italiano, l’idea viene abbandonata per far spazio alle liriche in lingua inglese: molto più adatte al loro sound dei primi tre lavori della discografia ufficiale. “Italico” è stato registrato da P4TM e mixato da David Lenci al Sotto il Mare Studio di Povegliano (VR) mentre il credit per l’atrowork va a Osvaldo Casanova. Il disco (e la band) sono state selezionate da MTV in occasione della prima settimana di pubblicazione come band della settimana inserita all’interno della rubrica MTV Generation e MTV Just Discovered. Il tour è alle porte con già 10 date all’attivo, la prima il prossimo 15 Marzo a Bologna.

Polar for the Masses - Italico - Artwork
Polar for the Masses – Italico – Artwork

L’ermetismo dei testi è compensato dalle campionature genuine, che al primo ascolto inducono l’ascoltatore al pensiero che tramite l’ausilio di sintetizzatori e tastiere si possa partorire un suono fresco e non articolato. Nulla di più inesatto. Basta l’ascolto di “Drone” o “Risveglio” per capire come vengano utilizzati prettamente i tre strumenti a dispozione del trio. Possiamo definire “Italico” un concept album composto e lineare, senza artefizio alcune ma prettamente composto tramite l’ausilio di mani – cuore – voce; è una fotografia concepita e realizzata interamente in lingua italiana e destinata a rimanere tale anche nei concerti in giro per il globo. Un’esperienza diretta di comunicazione, un difficile adattamento della metrica italiana con il sound tipico che ha caratterizzato anche i precedenti album. Partono dalle melodie di chitarra e basso ripetute a iosa (così come alcuni estratti dalle liriche) e ci cuciono sopra i riff e la batteria; un processo inverso molto efficace, fatto salvo alcuni testi che mancano di espressività come “Terrosimo e Deejay”.

L’apertura di “Italico” è affidata all’omonimo brano, degna di nota vuoi per il testo (ruvido e diretto) che per le sonorità che sfiorano la tradizione grunge: il basso e la chitarra sparano i watt dalle casse, la batteria ne delinea la struttura. Semplicità ed efficacia che si apprezzano nel secondo brano “Miseria e Nobiltà”, dove un primo ascolto distratto induce l’ascoltatore al pensiero che il brano è concepito con sintetizzatori e campionature elettroniche: niente di tutto ciò, sempre e solo basso chitarra e batteria. La lodevole “Terrorismo e Deejay” manca di un testo espressivo che le renda giustizia, compensata però dalla ballata “Un uomo Un voto” un pò piatta all’incipit ma “very very strong” sul finale.

La parte centrale dell’album è caratterizzata dal parlato, i cui emblemi “Laogai”, “Wall Street”, “Risveglio” e “Ruvido” rappresentano una pausa, un discorso, il punto focale dell’intero lavoro. Se da una parte abbiamo la denuncia dall’altro abbiamo le question mark. L’album si chiude sulle note di “Drone” un omaggio alla particolare tecnica di composizione, un’atmosfera psichedelica degna d’ascolto che catapulta l’ascoltatore sulel note di “Mia Patria” ultima traccia della tracklist.

La peculiarità dei Music for the Masses è la ricerca del sound che non perde mai di originalità e semplicità, un sound fresco che discosta non di poco dai canoni della scena indie rock. Consideriamo comunque il fatto che trattasi del primo lavoro concepito interamente in lingua italiana, un esperimento non semplice visto che la metrica inglese presenta una marcia in più dal punto di vista del contenuto latente delle liriche. Non ci resta che ascoltarlo ancora una volta e partecipare, magari, ad un concerto per apprezzare in toto la capacità espressiva di questo trio.

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