Al settimo piano dell’Hotel Flora di Via Veneto, nel cuore della Dolce Vita romana, si è tenuta la conferenza stampa del film Polisse, della regista francese Maïween che vede tra i protagonisti l’attore nostrano Riccardo Scamarcio. Entrambi hanno risposto alle domande dei giornalisti presenti.
Polisse è un film che riesce a dare la sensazione di essere una presa diretta sulla realtà. C’è un motivo particolare per cui ha scelto di dare al film un taglio documentaristico selezionando, poi, i casi da portare sulla pellicola?
Maïween: Molto probabilmente riesce a dare la sensazione della realtà perché è girato bene e la percezione di veridicità che si prova nel guardarlo è dovuta proprio al modo in cui è stata effettuata la selezione dei casi trattati nel film, dettata non tanto dall’elemento della straordinarietà che, inevitabilmente, avrebbe fatto dei poliziotti francesi degli eroi, ma piuttosto in base alla capacità delle storie di essere molto vicine alla realtà. Quello che ho cercato di fare con Polisse è stato fare mia la realtà che mi circonda. E ogni volta che la realtà viene riportata in un film questa assume sempre una connotazione differente a seconda di chi è a raccontarla. Ad esempio i personaggi del film non sono inventati ma sono persone il cui modo di essere è stato messo in scena direttamente da me.
Solitamente sei abituato a ruoli da protagonista, qui invece hai un piccolo ruolo, Cosa ti ha lasciato?
Scamarcio: Conoscevo il suo lavoro e il suo modo di girare, avevo visto il suo film precedente Le Bal des Actrices ero incuriosito dal lavorare in un film francese, recitare in una lingua diversa è stata una sfida per me. Maïween si attiene al copione ma lascia poi molto spazio alla immaginazione ed è difficile improvvisare in francese ma è stata una esperienza formativa. Non ci sono ruoli grandi o ruoli piccoli ma film belli e film brutti e questo è un film bello che parla di un argomento altrettanto importante quale quello della pedofilia e ne parla in maniera così differente dalla normalità che alla fine del film ho provato un sentimento di tenerezza sia nei confronti dei bambini che degli adulti.
Perché hai scelto Scamarcio?
Maïween:
Perché era l’unico attore italiano a Parigi, (scherza la regista). Non importa la nazionalità, volevo un attore carismatico lui all’inizio aveva un ruolo più grande, avrebbe dovuto fare parte di un Ménage à Trois, me lui e il poliziotto. Poi mi sono resa conto che creare una storia parallela a quella raccontata nel film non funzionava. E il motivo principale per cui ho scelto Riccardo è perché le sue peculiarità caratteriali si sarebbero integrate perfettamente in questo contesto e soprattutto lo avrebbe avvantaggiato il suo modo di essere un po’ chiuso nei sentimenti. Mi ha ricordato il personaggio di César nel film César e and Rosalie. Mentre per quanto riguarda la lingua inizialmente ho pensato che avrebbe potuto rappresentare un ostacolo poi invece sono arrivata alla conclusione che avrebbe potuto aiutare a renderlo un personaggio diverso dal contesto raccontato e che in un certo senso mi avrebbe aiutato a riconciliarmi con le mie origini magrebine. Forse in futuro girerò Polisse 2 con Riccardo come attore principale! Con Riccardo che salva tutta l’infanzia francese!
Dato il tuo carattere pignolo com’è stata la tua prima volta sotto la direzione di una donna e che hai provato a girare un film in un paese straniero?
Scamarcio: Si effettivamente è la prima volta che recito in un film sotto la direzione di una donna. E sinceramente ho accettato passivamente tutto quello che Maiwenne mi ha chiesto. Per quanto riguarda, invece, il mio essere pignolo non penso che i registi italiani pensino questo di me o, perlomeno, nel set sono quello che tende a risolvere i problemi poi al di fuori del set è tutta un’altra cosa. Cerco sempre di risolvere i problemi e non di crearli e nel film mi sono attenuto alle indicazioni di Maïween (che conferma).
Le storie raccontate nel film sono vere, c’è stato realmente un suicidio?
Maïween: Tutti i registi si ispirano alla realtà ma poi la fanno propria e la modicano, c’è stato veramente un tentativo di suicido di una donna, non poliziotta, che lavorava in un ente per la tutela e la protezione dei minori.
Ha lavorato a contatto con la polizia francese? E se si come è stato valutato il suo operato da chi quotidianamente svolge questo lavoro e quali difficoltà ha incontrato?
Maïween: Non ho avuto la possibilità di lavorare con loro perche i loro capi non hanno voluto. Poi però alla proiezione si sono sentiti a disagio perché il film effettivamente meritava e si sono resi conto di aver perso un’opportunità. Quando si dirige un film non si ha la possibilità di raccontare tutto, quello in cui mi sono impegnata è stato cercare di fare un film che lasciasse libero lo spettatore di riflettere senza essere pro o anti polizia. Alla proiezioni i capi della polizia si sono pentiti, avendo visto il risultato finale del film.
Nel mio mondo, quello della “sinistra al caviale”, purtroppo quando si parla di polizia si reagisce sempre in maniera negativa. Quando mi sono resa conto che avrei potuto individuare degli elementi positivi e quindi metterli in scena sono stata criticata, in particolar modo, da quella sinistra di cui mi sento parte. A tal proposito vi racconto un aneddoto. Un giorno con la mia macchina ho imboccato una strada preferenziale e, giustamente, i poliziotti mi hanno fermata. Quando ho aperto la portiera si sono resi conto chi ero e mi hanno ringraziata per come sono riuscita a portare sulla scena il loro lavoro. Quello che effettivamente conta per me nella vita non è essere compiacente con tutti, ma essere me stessa. Ho prodotto il mio primo film da sola, l’ho girato da sola e sono fiera di essere quello che sono. Se mi rendo conto che c’è un poliziotto che fa bene il suo lavoro, penso anche che valga la pena raccontarlo. Sono di sinistra, è vero,ma non voglio e non devo compiacere nessuno. Questa è una delle caratteristiche della Francia: fai una cosa per trovare giustizia e poi vieni accusato di tradimento. A Cannes sono stata contenta di due cose. Prima di tutto che una rivista di sinistra mi abbia messo in copertina e abbia definito Polisse: “un film che colpisce lo stomaco”. Seconda cosa quando il Direttore del Festival di Cannes mi disse che la decisione di eliminare alcuni personaggi francesi dalla giuria avrebbe portato alla vittoria di qualche film francese.
Il film è straordinario, cosa c’è di autobiografico?
Maïween: Ogni film e ogni regista è influenzato da un inconscio autobiografico.
Io credo che qualsiasi artista quando produce una sua opera che sia un quadro, una canzone o altro, racconta sempre qualcosa di sé, la sua identità che poi è il passato. Per me, ogni cosa che faccio, è autobiografica. L’abilità è nel saperla nascondere. Molto probabilmente io non sono molto brava in questo. Alcune volte però si tratta di antibiografia cioè raccontare quello che si vorrebbe essere. Nei miei film, ad esempio, è sempre molto presente l’aspetto della famiglia, del come si fa ad essere genitori o come si fa ad essere figli. Per esempio nel mio ultimo film si percepisce la mancanza d’amore che caratterizza il periodo dell’infanzia.
La regista francese, parlando di “identità” cita Truffaut “Si fa sempre lo stesso film per tutta la vita” e ricorda due frasi per lei significative. “Sai non ci sono regole per saper scrivere, si scrive come si pensa. La seconda è:” Tutti si possono identificare in storie autobiografiche e in ogni storia autobiografica c’è qualcosa di intimo”.
Progetti Futuri?
Scamarcio: Tornerò a Roma a breve e comincerò il film con Valeria Golino, al quale lavoro da ormai un anno, ovviamente come produttore. Il titolo provvisorio è Vi perdono.
In attesa dell’uscita del film nelle nostre sale vi invitiamo a leggere la nostra RECENSIONE