Questo weekend in sala è arrivato anche “Rasputin“, il nuovo film del promettente regista torinese Louis Nero, figlio del più famoso Franco Nero, che qui troviamo in veste di produttore e voce narrante.
Louis Nero ha deciso di raccontare, a modo suo, quella che è una delle figure più controverse e misteriose della storia: Grigorij Efimovi? Rasputin, l’uomo dallo sguardo ipnotico, contadino che riuscì a raggiungere la corte dello zar, diventando per lui indispensabile. Era il 19 dicembre del 1916, quando i più importanti uomini di corte, tra cui un risentito Jusupov, il granduca Demetrio, e il deputato della Duma Purisgevic, decisero di mettere fuori gioco Rasputin. L’uomo, definito “sciamano”, “demonio”, ma anche “santo”, era riuscito a guarire l’emofilia di Aleksej, figlio dello zar Nicola II e della zarina Alessandra, che gli furono sempre grati. Ma quella di Rasputin era una figura scomoda e i suoi rivali decisero di avvelenarlo, sparargli e gettarlo nel fiume Neva. La fine di Rasputin, come del resto tutta la sua vita, ha qualcosa di veramente eccezionale: nonostante ogni cibo e bevanda fossero stati avvelenati, lui rimase clamorosamente vivo e riuscì a sopravvivere anche ai colpi di pistola, tentando addirittura la fuga. I suoi nemici pensarono di averlo fatto definitivamente fuori, una volta buttatolo nel fiume, ma in realtà Rasputin era vivo anche allora e non riuscì a salvarsi dal gelo delle acque. L’immagine di Rasputin merita sicuramente molti approfondimenti, anche riguardo alla sua adesione alla setta dei Khlysti, una religione clandestina fatta di flagellazioni e riti orgiastici, in base alla quale il vero modo per raggiungere Dio era il peccato. Questa e tante altre perversioni appartengono alla vita di Rasputin e fin dall’inizio si sapeva che non sarebbe stato semplice riportarle, in sintesi, sul grande schermo. Il “Rasputin” di Louis Nero, infatti, è un lavoro molto difficile da digerire e va seguito con estrema pazienza ed attenzione, per essere colto fino in fondo. Con la voce di Franco Nero che ci narra le vicende del mistico controverso, ci ritroviamo immersi in atmosfere buie e cupe, ma soprattutto essenziali. L’immagine gioca un ruolo chiave in questa vicenda e nulla è lasciato al caso. Nero si avvale delle inquadrature multiple, mettendo in risalto, estrapolandolo dalla scena stessa, il volto del personaggio di cui intende parlare. La regia è piuttosto statica, adeguandosi alle ambientazioni, la storia prosegue tra scene sperimentali che sanno un po’ di teatro, accompagnate dalle musiche di Teho Teardo. “Rasputin“, infatti, si può davvero definire un’opera “sperimentale” e sicuramente interessante, ma non destinata al grande pubblico. Il film va dato in pasto ad una manciata di spettatori, muniti della pazienza necessaria per cogliere i simbolismi ed apprezzare le capacità narrative, di certo inedite ed originali, di questo promettente regista che, siamo certi, saprà stupirci anche in futuro.