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Fra i vari film sfornati dal genio di Tim Burton prima che perdesse un po’ del suo smalto, oltre a tutti gli splendidi film strabordanti di attori di prima grandezza (Johnny Depp fra tutti), ce ne sono alcuni che hanno un posto speciale nel cuore degli spettatori e, abbiamo ragione di pensare, anche nel cuore del regista stesso. Stiamo parlando dei film di animazione come “La sposa cadavere“, che nel 2005 si guadagnò il plauso della critica e del pubblico, che trovò deliziosa la triste storia della povera Emily, basata su una storia tradizionale del folklore ebreo (in particolare una versione russa della storia). Spostati in una grigia Inghilterra vittoriana, i protagonisti sembrano essere immersi in un languore tanto lugubre quanto noioso.

Il protagonista, Victor Van Dort (Johnny Depp) sta per sposarsi con Victoria Everglot, in un matrimonio combinato per motivi economici. Spaventato da questo obbligo a cui sembra non potersi sottrarre, Victor fugge nel bosco dove prova per l’ennesima volta a recitare le promesse di matrimonio. Ma quello a cui ha messo l’anello non è un rametto, ma l’ossuto dito di un cadavere. Levatosi dalla sua tomba, il corpo di donna vestita da sposa si staglia contro la luna. Cosa è mai successo di così abominevole in quel luogo? Trasportato nel mondo dei morti, curiosamente molto più allegro di quello dei vivi, Victor farà la conoscenza di una marea di personaggi indimenticabili.

La locandina de "La sposa cadavere"
La locandina de “La sposa cadavere”

Tim Burton non è certo regista che abbia bisogno di presentazioni e questo suo lavoro di animazione (del 2005) non era neanche il primo a patrocinare (“The nightmare before Christmas“). Sebbene il precedente lavoro in stop motion sia stato solo prodotto da Burton, il film portava pesantemente il suo marchio di fabbrica e così è stato anche per “La sposa cadavere“, che ha co-diretto con Mike Johnson. In questo vediamo una enorme crescita dal punto di vista del comparto tecnico, dovuta anche ad un budget maggiore e ad un team più vasto che ha consentito una lavorazione (durata diversi anni) molto accurata e dai risultati a tratti sorprendenti.

Non è raro infatti, imbattersi in spettatori convinti si tratti di animazione digitale, tanta è la cura con la quale sono stati riprodotti scenari ed azioni. I personaggi poi, hanno fruito di un trattamento tutto particolare, atto a renderli i più naturali possibili, sebbene di forme e movenze assai fantasiose. Il tutto condito da musiche e canzoni mai scontate, che fanno capo più alla tradizione meno recente di Walt Disney, che non alle sezioni cantate dei moderni film di animazione. Piaciuto anche a chi, come il sottoscritto, non sopporta i musical, è una piccola grande vittoria per Tim Burton e la sua squadra che oltre ad aver prodotto un simile capolavoro, si preparava tecnicamente ed artisticamente alla produzione del successivo rilascio “Frankenweenie“.

In questi giorni al cinema, l’ultimo rilascio in stop motion di Burton non è diverso da “La sposa cadavere“, dove possiamo davvero ritrovare tutto l’affetto per il gotico e le storie, raccontate e ascoltate, con la conferma che quando la fantasia irrompe nella realtà, è sempre quest’ultima a giovarne. Da rivedere regolarmente.

Voto:

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Andrea Lupia
Andrea Lupia
Scrittore, disegnatore, attore e poeta lo-fi.
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