“Valhalla rising” è il film che il regista Nicolas Winding Refn ha realizzato nel 2009, partecipando alla selezione ufficiale del Toronto Film Festival e presentandolo fuori concorso alla 66esima Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia. Narra le vicende del Guercio (Mads Mikkelsen), un guerriero sfregiato e senza un occhio, dalla forza sorprendente che è tenuto prigioniero da un gruppo di vichinghi che lo obbligano a combattere. Liberatosi dalla prigionia, uccide tutti i suoi carcerieri tranne il ragazzo addetto al suo sostentamento ed assieme vagano per la brughiera fino ad incontrare un gruppo di vichinghi cristiani intenzionati a recarsi in Terra Santa e si uniscono a loro. Il viaggio per mare però si rivelerà irto di insidie e li condurrà in una terra sconosciuta dove i vichinghi, già dimentichi della missione di fede intrapresa, cercheranno di assoggettare le tribù primitive che abitano in quelle terre. Le loro ipocrisia e presunzione li condurranno ad un destino di morte.
A dispetto delle aspettative che potrebbero portare chi non conosce ancora il film a pensare ad un action in costume, la pellicola di Refn regala ben altro. Fin da subito è chiaro che i veri protagonisti della storia (oltre ad un grandioso Mads Mikkelsen) sono la natura, lo spazio ed il modo in cui questi avviliscono e sfidano gli esseri umani, che da parte loro si mostrano ipocriti, vili e crudeli. I silenzi del protagonista si fondono alla perfezione con quelli di terre in cui la natura regna incontrastata, algida e crudele, strappando al volto sfigurato del protagonista più di quanto potrebbe dire con le parole, che chiaramente sono inutili. Il Guercio sembra seguire più quello che non si vede e non si tocca, che non il contrario ed è questo a renderlo invincibile. Disinteressato alle mere faccende umane, il guerriero silenzioso si muove unicamente per compiere il suo destino, come se vivesse già al confine tra Midgard (il mondo degli uomini) e il Valhalla (il regno delle anime elette dei guerrieri meritevoli). E’ quasi impossibile non rimanere ipnotizzati davanti agli immensi spazi che il Guercio sembra guardare con “occhio” differente, quasi nascondessero segreti che solo lui può scrutare.
Il film, come per tutte le grandi opere ha diviso, ma le critiche principali sono chiaramente motivate dall’impossibilità di una larga fetta di pubblico di apprezzare i riferimenti artistici e letterari di cui il film è ricchissimo. La natura selvaggia e spietata sembra rimandare a Herzog, la nebbia che avvolge la nave dei “civilizzatori” a Coleridge, la risalita del fiume ad Apocalypse Now, Terrence Malick, Lars Von Trier e molte altre, disseminate lungo tutta la pellicola. Chi si aspettava un film d’azione classico è rimasto senz’altro deluso, ma è anche vero che le intenzioni del regista erano tutt’altre. La possibilità di gettare uno sguardo su un mondo violentissimo e romantico, seducente nella sua brutalità quanto nel suo mistero e stendere con pennellate dure e solide un quadro di morte e rinascita, ma soprattutto rivelazione. Pennellate che sfumano solo nel cielo plumbeo sopra la testa del guerriero silenzioso e nella sua pietà verso il ragazzo. Da vedere.
Voto:
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