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Roberto Fabbri: “Mi piacerebbe suonare con Andrea Bocelli”

Uscirà in inverno il nuovo album di inediti di Roberto Fabbri, uno dei chitarristi italiani più rinomati anche in ambito internazionale. L’album è anticipato dal singolo “Don’t let me be misunderstood“, brano ispirato alle celebre cover dei Santa Esmeralda.

Il singolo è accompagnato dal video prodotto da Sony con la regia di Matteo Vicino, soggetto e sceneggiatura di Piero Balzoni, costumi di Maurizio Jovine, ballerine Elena Presti e Flaminia Candelori, Roberto Fabbri Guitar Quartet: Roberto Fabbri , Paolo Bontempi, Leonardo Gallucci e Luigi Sini. Tutti i chitarristi suonano delle chitarre Ramirez, le stesse che usava Andres Segovia e di cui Fabbri è il testimonial italiano.

Roberto Fabbri

 

1) “La musica fa superare qualsiasi barriera” dice lei per annunciare il video di “Don’t let me be misunderstood”, ma a guardare la sua carriera è anche un punto di unione tra grandi e piccini, perché tra le sue opere didattiche se ne trova una molto importante dedicata ai bambini. Qual è stata la sua esperienza con loro e quante sono le differenze metodiche rispetto agli adulti?

Quando si ha una grande passione la si vorrebbe trasmettere a tutti specialmente ai giovani per i quali già gli antichi greci ritenevano l’educazione musicale fondamentale al loro sviluppo. In base alla mia esperienza di giovane studente, avendo iniziato a suonare la chitarra a sette anni, durante la quale ho studiato (con una certa fatica, superata solo dalla passione per lo strumento) su metodi non pensati per un bambino, ho voluto elaborare una didattica chitarristica personalizzata a seconda delle diverse fasce d’età. In Italia devo dire che sono stato il primo a pensare l’insegnamento della chitarra a “misura di bambino”, che lo facesse imparare giocando e divertendosi, d’altro canto gli inglesi usano il verbo “to play” sia per indicare il giocare che il suonare! I miei metodi quindi sono improntati al divertimento e le informazioni tecniche e strumentali sono estremamente semplici e diluite.

2) I suoi metodi didattici hanno riscosso un enorme successo, ma quali aspetti e quali personaggi sono stati fondamentali per la costruzione del suo metodo?

Ho compiuto i miei studi musicali presso il Conservatorio di Santa Cecilia di Roma, negli anni in cui insegnavano due grandi didatti Mario Gangi e Carlo Carfagna, il primo autore di un importante metodo, tutt’oggi usato nei Conservatori, il secondo autore di innumerevoli revisioni insieme a Mario Gangi. Da loro ho preso la passione per la ricerca e per la didattica. Mario Gangi poi, sempre in quegli anni stava elaborando un metodo per i Fratelli Fabbri Editori, di grande divulgazione dello strumento e spesso portava in classe il lavoro che stava effettuando, spiegando la genesi e gli obiettivi. Fu allora che iniziai a pensare ad un personale percorso didattico che facesse avvicinare i giovani allo studio della chitarra in maniera accattivante, semplice ed immediata, una volta diplomato iniziai a scrivere alcuni libri, per lo più antologie ma anche un metodo per la casa editrice Berben in cui riversai le mie idee. La svoltà però arrivo quando la casa editrice Carisch, allora proprietà dellla Warner Bros, mi contattò chiedendomi di realizzare una linea didattica chitarristica per bambini totalmente innovativa, qualcosa che non fosse presente in commercio, finalmente avevo carta bianca per realizzare il mio progetto. Il “Suoniamo la chitarra” è il metodo che ha dato il via ad una intera collana e che è diventato un best seller con più di 150.000 copie vendute, tradotte in spagnolo, francese, tedesco ed anche cinese!

3) Il suo talento l’ha portata anche negli USA, dove ha ottenuto un riscontro positivo da parte della critica. Che differenza c’è nelle conoscenze tecniche e nella ricettività del pubblico tra Italia e USA?

L’Italia non è mai stato un paese particolarmente amante della musica strumentale, i nostri grandi chitarristi nell’ottocento emigrarono a Parigi, Vienna, Londra per aver fortuna, detto ciò personalmente posso affermare che la fantastica accoglienza che mi è stata tributata negli USA, mi ha fatto toccare con mano come spesso il pubblico, fuori dal nostro paese, sia abituato ad andare con assiduità ai concerti di musica classica.

4) Lei nasce come chitarrista classico, ma se dovesse scegliere uno dei mostri sacri della chitarra elettrica, chi sceglierebbe e perché?

Jimi Hendrix senza alcun dubbio! Ha rivoluzionato il modo di suonare la chitarra elettrica a tal punto che anche se la sua parabola artistica è stata purtroppo breve, è riuscito a gettare le basi del sound di quella che sarebbe stata poi l’evoluzione del rock. La rivista Rolling Stone lo ha collocato al primo posto come più grande chitarrista di tutti i tempi, per me certo questa classifica, che non prende in considerazione Andres Segovia, mi rende perplesso, ma capisco che è stata stilata da non pensando all’ambito classico dello strumento.

5) Dalla sua carriera ha avuto molte soddisfazioni e incontri importanti, ma sicuramente ci sarà ancora qualche sogno che vorrebbe realizzare, ce ne svela almeno uno?

Mi piacerebbe fondere il suono del mio quartetto di chitarre con la splendida voce di Andrea Bocelli.

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