“Sex Education” si riconferma una certezza nel mondo delle produzioni Netflix che, soprattutto in questi ultimi anni, hanno penalizzato non poco la qualità. Questa terza stagione sviluppa principalmente le storie di personaggi fino ad ora rimasti secondari, mostrando l’importanza di cogliere la complessità di ogni persona e di ogni situazione.
La terza stagione di “Sex Education” ci riporta a Moordale ma, dopo lo scompiglio a cui abbiamo assistito nella seconda, si sente aria di cambiamento. La nuova svolta è rappresentata da Hope (Jemima Kirke), la giovane preside che sembra voler finalmente portare la scuola a un livello superiore, liberandola da tutte le voci e i pregiudizi dovuti agli scandali che l’hanno travolta. Quello di Hope, però, è un cambio di rotta che va in tutt’altra direzione rispetto a quanto si aspettano gli alunni della scuola: introduce uniformi, omologa, censura, opprime. In questo contesto, in cui la confusione, l’indignazione e l’umiliazione regnano sovrani, si sviluppano tante micro-storie, pronte ad approfondire i lati più nascosti del carattere di personaggi che fino ad ora erano rimasti più o meno in disparte. Il filone centrale rimane comunque Otis (Asa Butterfield), con i suoi amori e i suoi dubbi amletici e la figura di Maeve (Emma Mackey), ragazza promettente che non crede mai abbastanza in se stessa e che, come se non bastasse, deve fare i conti con una vita fin troppo complicata. In questa terza stagione prende più spazio anche il personaggio di Eric (Ncuti Gatwa), sempre più sfaccettato e complesso, ancora in evoluzione e intento a scoprirsi e conoscersi, anche passando attraverso un viaggio che lo riporta alle sue radici. E se nella seconda stagione era già piuttosto chiaro, la terza conferma che è davvero impossibile non amare Aimee (Aimee Lou Wood) con la sua sensibilità sui generis e il suo modo di essere così adorabilmente svampita. La vera pecca è forse proprio la narrazione che ruota attorno a Otis e Maeve, che sembra essere troppo statica rispetto alle evoluzioni degli altri personaggi ma scopriremo cosa ci riserva la prossima stagione – augurandoci che non si vada oltre.
Drama e comedy sempre in perfetto equilibrio
Come sempre, “Sex Education” dimostra di essere una serie particolarmente inclusiva, introducendo nuovi argomenti attraverso due personaggi in particolare: uno lo conoscevamo già, ed è Isaac (George Robinson), il ragazzo tetraplegico che vive nel campo roulotte; l’altro è Cal (Dua Saleh), persona non binaria. Ancora una volta, con grande delicatezza ed un’ottima scrittura, la serie riesce a trattare argomenti considerati tabù, come la sessualità delle persone disabili e le identità non binarie.
Sarebbe impossibile analizzare tutte le storie senza inciampare in qualche spoiler, per cui eviteremo di farlo. Ciò che è importante, è il messaggio formativo che “Sex Education” è in grado di trasmettere, un invito all’empatia e all’importanza di soffermarsi un po’ di più nel tentativo di capire gli altri. Non è detto che questo accada tutte le volte, ma vale sempre la pena provarci. La serie è un prodotto che si rivolge a un target preciso, quello degli adolescenti, e lo fa nel migliore dei modi possibili. Ciascun personaggio presente nella serie, dal più banale a quello più bizzarro, racconta almeno una sfaccettatura in cui lo spettatore (anche non più adolescente) possa rispecchiarsi: chi guarda si sente capito e messo a proprio agio, non si sente più diverso, né solo. Il messaggio è forte, soprattutto se rivolto ad una particolare fascia d’età in cui tutti i dubbi sulla propria identità sembrano essere ostacoli insormontabili e c’è un enorme bisogno di essere capiti per davvero, guidati e supportati nelle proprie scelte senza il timore di essere giudicati o stigmatizzati.
“Sex Education”, in questo, è sempre stata una serie esemplare, scritta in modo intelligente e sempre impeccabile – tranne i pochi casi in cui il surreale diventa fin troppo surreale. La trama è sempre perfettamente bilanciata tra dramma e comicità e i tempi sono ben gestiti; non c’è modo di annoiarsi perché ogni storia è interessante e coinvolgente, così si finisce per empatizzare con tutti i personaggi, anche i più deprecabili. “Sex Education” è un invito all’analisi, a guardarsi dentro e a non aver paura di confrontarsi con gli altri né di mostrare la bellezza di essere diversi. Un messaggio che, soprattutto di questi tempi, rischia facilmente di essere banalizzato e che invece, in questo caso, diventa potente e significativo.