Silent Hill è uno dei giochi survival horror più longevi del mercato e, in aperta concorrenza con Resident Evil, tra i più amati. A contribuire a creare il mito ci ha pensato Christophe Gans che, su sceneggiatura di Roger Avary, ha diretto l’adattamento cinematografico del videogame. Oggi, sei anni dopo, le atmosfere lugubri e tossiche della cittadina fantasma, capace di cambiare forma e tempo adeguandosi ai suoi ospiti, tornano protagoniste sul grande schermo (e nei cinema nostrani il risultato non è dei migliori) grazie a Michael J. Bassett che per l’occasione appare nelle vesti di regista e sceneggiatore.
Trama
Heather vive sola con il padre e il ricordo sempre più flebile di una madre scomparsa quando lei era poco più che una bambina. La ragazza altri non è che Sharon, la piccola del primo film che ricordiamo si riuscì a salvare grazie all’atto di coraggio e d’amore della madre. Ben presto sarà costretta a fare i conti con il proprio passato poiché una misteriosa setta di Silent Hill rapisce suo padre invitandola, se vuole rivederlo, a tornare nella spettrale città.
Film
Evitando ridondanti disquisizioni sulla utilità dei franchise e sulla istigazione alla saga che colpisce le più grosse major d’oltreoceano, ci soffermiamo sul linguaggio cinematografico della pellicola piuttoto lacunoso ed eccessivamente mutuato dal videogame che, nonostante tutto, rispetta quasi ossequiosamente senza riuscire, tuttavia, a ricostruirne le fondamentali esigenze sceniche lasciando la sensazione di una produzione frettolosa e confusa. Nella prima parte il film scorre abbastanza, pur lasciando intravedere uno script piuttosto imbarazzante con dialoghi striminziti che non lasciano il segno, eppure aspettiamo fiduciosi poiché sappiamo che il piatto forte è l’entrata in scena della lugubre città e delle entità che la compongono. Ma è proprio nella città abbandonata che il film perde colpi districandosi a fatica tra personaggi terrorizzanti relegati a semplici comparse (e ce ne sarebbero un paio davvero mostruosi a cui avremmo regalato maggior minutaggio) e scialbe messe in scena come quella della setta, così agghiacciante nelle intenzioni e così improvvisamente arrendevole di fronte al potere di Heather/Sharon, chiamatela come volete. Il tutto è condito da una ambientazione prestigiosa dalla quale però il regista sembra voler scappare fin troppo presto al pari dei protagonisti del film.
La messa in scena claustrofobica non viene salvata dalla stereoscopia delle immagini e nonostante l’aderenza – ampia – con il videogame rimaniamo con una vaga sensazione di incompiuto come se l’operazione Silent Hill si fosse trasformata negli anni in una mera e obbligata esibizione commerciale. Il terzo capitolo, state sicuri si farà, dovrà essere condotto con ben altre motivazioni magari indagando di più sulle origini del mito e lasciando maggior spazio alla introspezione dei personaggi. Per adesso la saga è rimandata a settembre sperando che agli esami di riparazione si presenti dopo una intensa session di ripetizioni sui tòpoi degli horror poiché la derivazione psicologica che un luogo infestato da anime tormentate come Silent Hill può offrire è obiettivamente molto vasta, anche in virtù dell’annesso universo videoludico di riferimento.
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