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Stefania Sandrelli e altri 100 autori lottano per la difesa del cinema

Ieri sera, in occasione dell’assegnazione dei David di Donatello presso l’Auditorium Conciliazione di Roma, Stefania Sandrelli, che sarà in sala con la sua prima opera da regista “Christine Cristina“, ed altri 100 autori del mondo cinematografico italiano, si sono esposti in una lettera di protesta per avere ancora un cinema italiano che sia degno di tale nome.

Qui, in piedi, c’è un pezzo del cinema italiano che stasera rappresenta con orgoglio più di duecentocinquantamila donne e uomini che lavorano in un’industria che non produce automobili né scarpe, ma storie.

Si apre così la lettera, che prosegue descrivendo l’attuale situazione del cinema italiano:

Siamo qui, con rispetto e con gioia, col vestito migliore, per festeggiare il cinema. Come ogni anno, da più di cinquant’anni. Ma siamo sempre meno, come i nostri film. Siamo un’industria a consumo. Quest’anno non ci sono più soldi per finanziare la produzione. Non c’è una legge che regoli il sistema e che ci permetta di opporci a questo fatto inaudito. Nè una prospettiva d’investimento per questo settore che in ogni paese è strategico. Ma in Italia è considerato una spesa inutile, un ingombro, un fastidio. Quest’anno avrete ancora meno film. Meno fiction. Meno documentari. Meno storie con cui divertirvi e pensare. E il trenta per cento di quei duecentocinquantamila uomini e donne non avrà più un lavoro.

Mentre in India il cinema va a gonfie vele con la crescita di Bollywood e il cinema americano come sempre è al primo posto sfornando continuamente pellicole da Hollywood, il cinema italiano è in piena crisi, e forse non da ora. La lettera si conclude così:

Ma non ci piangiamo addosso. E non chiediamo elemosine. Siamo qui per difendere il diritto degli spettatori di scegliere anche il cinema italiano. Siamo qui per pretendere il giusto: che chi realizza enormi profitti con le nostre opere, ne reinvesta una parte per inventare e realizzare nuovo cinema e nuova fiction. Siamo qui per dirvi che non rinunceremo a fare i nostri film. Oggi è la nostra festa. Dunque che la festa cominci. Ma non finisce qui.

Voi cosa ne pensate? Basteranno le parole e l’indignazione per cambiare le cose?

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