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Chi era Teofilo Stevenson, pugile rivoluzionario

“Un popolo può liberare se stesso, dalle sue gabbie e da animali elettrodomestici, ma all’avanguardia d’America dobbiamo fare dei sacrifici verso il cammino lento della piena libertà”: così Francesco Guccini in “Canzone per il Che”, riferendosi agli ideali rivoluzionari dell’isola cubana, avanguardia contro il capitalismo americano nella sua zona di massima influenza, nel suo “giardino di casa” come si suoleva dire nei lontani tempi della Guerra Fredda. Un ideale può abbracciare tanti aspetti della vita pubblica e privata e, nel caso dell’isola di Fidel Castro, tale aspetto ha sempre assunto un aspetto prioritario e profondo, al punto da intrecciarsi indissolubilmente con le vicende personali di uomini di spicco.

Uno di questi era proprio Teofilo Stevenson, pugile peso massimo cubano, vincitore di tre ori olimpici (Monaco 1972, Montreal 1976 e Mosca 1980) e di tre mondiali sempre fra il 1972 ed il 1986, scomparso oggi all’età di sessantanni, stroncato da un improvviso infarto. Fu uno dei migliori atleti della boxe dilettantistica cubana ma, soprattutto, un convinto sostenitore degli ideali rivoluzionari della sua isola, al punto da rifiutare l’offerta di cinque milioni di dollari del suo agente che avrebbe voluto organizzare un incontro fra lui e Muhammad Alì (al quale lo legava un rapporto di amicizia al punto da essere suo accompagnatore durante la visita di Alì a Cuba, ndr) e da decidere di non divenire mai uno sportivo professionista, in linea con i dettami del regime. Convinzioni profonde che lo portarono a motivare la sua scelta di restare uno sportivo dilettante con una frase che rimase alla storia: “Cos’è un milione in confronto all’amore di otto milioni di cubani?” 

Probabilmente sarà difficile comprendere il reale senso che tale parole celavano, la reale convinzione che l’opposizione al sistema capitalistico – anche nei piccoli gesti della propria vita personale – potesse portare dei benefici comuni: “i problemi di coscienza interessano tanto quanto la piena perfezione di un risultato: lottiamo contro la miseria ma allo stesso tempo contro la sopraffazione”. Ancora frasi di Francesco Guccini che esprimono proprio quel punto di vista, che ha mosso uomini a compiere la rivoluzione ed a donarle ogni istante della loro vita, ogni pensiero, ogni energia.

Teofilo Stevenson | © STAFF/AFP/GettyImages

Teofilo Stevenson ha mantenuto questa coerenza di pensiero e di azione per tutta la sua vita, anche dopo aver appeso i guantoni al chiodo, rimanendo sempre un uomo semplice, coerente alle sue origini contadine, rimasto umile nonostante l’amore viscerale che il suo paese gli ha sempre dimostrato, rimanendogli affezionato anche nel momento della sua difficoltà personale, quando fu arrestato dopo una violenta lite con il nuovo compagno della sua ex moglie: superò quella difficoltà con la forza d’animo dei grandi campioni, scegliendo di mettersi al servizio del suo popolo intraprendendo la carriera di allenatore del programma cubano di pugilato dilettantistico, condividendo la sua grande esperienza con i giovani, e divenendo per loro un maestro di pugilato e di vita, anche nel ruolo di vicepresidente della Federazione cubana di Boxe.

Non rimpianse mai la scelta di rimanere lontano dai circuiti dorati della boxe mondiale, rifiutando una vita agiata pur di restare sempre fedele al suo Fidel (e non è solo un gioco di parole): addio Stevenson, oggi è l’atto conclusivo, ma il suo ricordo rimarrà vivo a lungo per il suo popolo rendendolo immortale.

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