Sofia Coppola torna dietro la macchina da presa, tre anni dopo “Somewhere”, con ” The Bling Ring”.
La figlia di Francis Ford porta sul grande schermo la vera storia della banda di adolescenti che ha imperversato per le strade di Los Angeles rendendosi protagonista di numerosi colpi ai danni delle star di Hollywood – tra cui Paris Hilton, Lindsay Lohan, Rachel Bilson, Orlando Bloom – derubate nella propria abitazione. Protagonisti della pellicola: Emma Watson, Taissa Famiga, Israel Broussad, Leslie Mann, Katie Chang e Georgia Rock.
Il film
Ispirandosi a fatti realmente accaduti, e in parte raccontati dai protagonisti sia in fase di processo che su riviste come Vanity Fair, Sofia Coppola si dedica ancora una volta al microcosmo della città degli angeli. Là dove in Somewhere avevamo come protagonista una star del cinema con la sua solitudine spezzata solo da alcol e fan in un evidente distacco dalla realtà favorito dal tessuto sociale, qui in “The Bling Ring” le colline hollywoodiane, le lussuose ed isolate ville di Beverly Hills, diventano teatro di una storia composta da miti effimeri (una delle protagoniste ha una vera e propria adorazione per Lindsay Lohan), bisogno di apparire (attraverso un vestiario griffato e costantemente alla moda) e una sorta di invulnerabilità tipicamente giovanile, sfacciata e inarrestabile tanto da pensare di potersi “godere” la villa di Paris Hilton anche più della stessa protagonista.
Il confine della “bravata” viene però superato quando quest’ultima è metodica, sistematica e si trasforma in droga, e quindi assuefazione e dipendenza, Come quella provata dai protagonisti che una volta catturati si valutò avessero trafugato beni personali per un valore di tre milioni di dollari, tra scarpe, occhiali di Alexander McQueen, borse di Louis Vitton, vestiti e rolex.
Giudizio
Sofia Coppola si erge a figura super partes della storia, lasciando la sensazione di aver voluto portare sul grande schermo una storia “pulita” senza particolari sfumature e senza voler interferire con le gesta dei protagonisti. La rinuncia aprioristica a una chiave di lettura personale garantisce un didascalico racconto degli eventi e poco più. Eppure di spunti ce ne sarebbero stati: ragazzi attratti dal “fumo” del successo e da un materialismo esasperato, il bisogno di apparire (erano soliti accompagnare le loro gesta con memorabili racconti tra coetanei e diverse foto sui social network), la lontananza della famiglia e l’ingenuità delle star (addirittura capaci di lasciare le chiavi sotto lo zerbino).
Dopo aver rischiato il naufragio più volte, a metà film diventa difficile continuare la visione causa una evidente ripetitività, la pur brava regista riesce a portare la nave in porto grazie a una colonna sonora stimolante e un finale che sfiora picchi drammatici.