Storia di un corpo è il titolo di un romanzo di Daniel Pennac, ma anche la perfetta descrizione dell’ultimo film di Tom Hooper, “The Danish Girl“, con Eddie Redmayne e Alicia Vikander, nominato agli Oscar 2016.
Così come avviene nel libro dello scrittore francese, anche nel film nominato all’Oscar il protagonista assoluto è il corpo, più che il personaggio: lo sviluppo, le sensazioni e soprattutto i cambiamenti sono al centro di una storia di emozioni e intensità, di certo non semplice da rappresentare.
In The Danish Girl, tuttavia, non parliamo di un semplice processo di crescita, ma di uno stravolgimento totale che mette in gioco tutto, dall’amore alla carriera. A raccontarlo, nei panni di Einar/Lili, identificato come primo transessuale della storia, è il premio Oscar Eddie Redmayne.
La trama di The Danish Girl
Einar Wegener è un apprezzato pittore paesaggista della Danimarca anni ’20. E’ felicemente sposato con Gerda, anch’essa pittrice, la cui carriera stenta però a spiccare il volo. Proprio la moglie un giorno, per sopperire all’assenza di una modella, chiede al marito di posare per lei indossando alcuni indumenti femminili. Il dipinto che ne viene fuori ha grande successo, così la bizzarra collaborazione continua nel tempo. Ma ad Einar quell’esperienza ha risvegliato un’identità diversa, totalmente femminile, che probabilmente era rimasta assopita tutta la vita. Einar non si sente più un marito, un uomo, un pittore, bensì Lili, una donna aggraziata, gentile, con una sua indipendente personalità.
Eddie Redmayne cerca la doppietta agli Oscar dopo aver già vinto la statuetta lo scorso anno con un altro film biografico, “La Teoria Del Tutto” di James Marsh. Un altro duro lavoro di preparazione per immedesimarsi in un personaggio stavolta fatto di grandi sguardi, movenze e profondità d’animo. Una sfida complicata, preparata incontrando molte comunità LGBT e impreziosita dai consigli della regista transgender Lana Wachowski (nata Larry) con cui ha lavorato nel film “Jupiter – Il Destino dell’Universo“.
Mentre gli occhi sono tutti puntati su Leonardo Di Caprio come sicuro vincitore con “The Revenant – Il Redivivo“, Redmayne si presenta come outsider di lusso pronto a beffare il collega al fotofinish.
Co-protagonista è la bravissima e bella Alicia Vikander, che oltre ad aver superato attrici di grande calibro nel ruolo della moglie Gerda (all’inizio si pensava a Gwyneth Paltrow, Marillon Cotillard e Rachel Weisz), ha anche il merito di saper sostenere il peso di una trama a tratti ciclica e ripetitiva. Dalla voce strozzata dal pianto, al dolore di una moglie che ha perso il “suo uomo”, la Vikander mantiene il suo personaggio sempre positivo senza mai fargli perdere rispetto e dignità. Una nomination come miglior attrice non protagonista più che meritata.
Giudizio Finale
Ma una cornice e una tela ben assestate necessitano di colori e dote artistica di pari valore; per questo The Danish Girl ne esce come un’opera sbiadita e con poca anima. Così come Gerda ha difficoltà a dipingere “bene come il marito”, Tom Hooper stenta a ripetere l’ottimo lavoro fatto con “Il Discorso Del Re“, raccontando una storia che manca di profondità e naturalezza espressiva. The Danish Girl è un quadro puntinista, i cui segni sono però così distanti l’uno dall’altro da rendere difficile, anche allontanandosi, definire la figura nel suo insieme. Ciò è dovuto anche alla mancanza di quei particolari emotivi che avrebbero reso il coinvolgimento totale: c’è un’eccessiva superficialità nella rappresentazione di un conflitto interiore di una persona che muta forma e personalità.
Lo stravolgimento è diretto e prematuro, e il tempo che passa serve solo a sottolineare ripetutamente – con episodi emblematici in successione – una femminilità che sboccia (troppo) improvvisamente, tanto da fondere Einer e Lili in un personaggio asessuato, annullandone il contrasto uomo/donna. Solo informandosi in anticipo sulla vera storia di Lili Elbe si possono cogliere alcune sfumature che Tom Hooper ha tralasciato lasciando che a riempire gli spazi bianchi ci pensassero i bravissimi attori sulla scena.
Minato alla base il film racconta senza immedesimare, ridicolizzando – e forse è la colpa più grave – un’altra eccellente prova attoriale di Redmayne trasformandola in qualcosa priva di forma e sessualità. Storia di un corpo senza punteggiatura.