Nel 2015 al Sundance Film Festival veniva presentato “The Hunting Ground“, siamo qui a parlarne due anni dopo perché purtroppo il tema è estremamente attuale.
“The Hunting Ground“, letteralmente traducibile con “Terreno di caccia”, è un documentario di Kirby Dick che tratta lo spinoso tema degli stupri nei campus delle università americane. Un fenomeno pericolosamente in crescita, del quale nel corso del suo mandato si è occupato anche il Presidente Obama. In questi giorni si sta parlando molto del caso delle due studentesse americane a Firenze, che hanno accusato due Carabinieri di averle stuprate. A parte le indagini che dovranno proseguire, sono state diffuse molte notizie-bufala ma la cosa peggiore, come sempre, sono le opinioni del cosiddetto “popolo del web”. I luoghi comuni sui vestiti troppo corti o il bicchiere di troppo continuano ad essere, per molti, una scusante per il carnefice. Senza entrare nel merito della notizia delle due studentesse, è il caso di informarsi su quanto sia seria la questione, magari dare un’occhiata alla legge e trovare tutti gli strumenti possibile per formare un’opinione solida su un argomento, su questo come su tutti.
“The Hunting Ground” si concentra solo sul problema che riguarda i campus americani ma è già un buon punto di partenza per capire cosa provi una vittima, che non si riprenderà mai da trauma. Sì, è vero, spesso le ragazze avevano bevuto ed erano incoscienti, ma questo è davvero un attenuante o un motivo per dire “se l’è cercata”? Non esiste nessun motivo per dirlo, si tratta di un abuso, a prescindere dalla quantità di alcol o droga che si possa avere in corpo. Si tratta di un trauma che cambia la vita di una persona, la vittima spesso deve vedere il carnefice continuare ad aggirarsi per il campus e magari aggredire altre ragazze senza che vengano presi provvedimenti concreti. Alcuni dati mostrano quanto siano ridicole le soluzioni adottate da alcune università, come poche decine di dollari di multa, un giorno di espulsione, qualche ora di servizi sociali o addirittura un tema per spiegare come ci si sente.
Il documentario di Kirby Dick inizia con una serie di video amatoriali che mostrano alcune ragazze intente a leggere la risposta di ammissione dai vari college e sono all’apice della felicità. Si tratta di un punto di svolta nella vita di un adolescente, ora pronto a crescere, a formarsi per garantirsi un futuro di successi. Il college è il momento delle grandi speranze, delle nuove amicizie, segna il distacco da casa, una serie di cambiamenti non troppo facili ma sicuramente entusiasmanti. Le vite di molte di quelle ragazze sono state rovinate, poco tempo dopo, dai loro stupratori. “The Hunting Ground” mostra una serie di dati inquietanti e scorre per quasi due ore tra questi e le numerose testimonianze delle vittime, oltre ai pareri di vari esperti. I dati sono allarmanti, una bassissima percentuale di ragazze denuncia gli stupri e il motivo, spesso, è che non hanno fiducia nell’istituzione che dovrebbe proteggerle. Le università tacciono, molti stupri sono commessi da atleti, risorse preziose per le casse delle università, quindi preferiscono sorvolare. Come nel caso di Jameis Winston. Erica Parente lo ha denunciato per stupro, ma lui era una giovane star del football e, nonostante in seguito fosse spuntata un’accusa da un’altra ragazza, l’Università ha continuato a non ascoltare la voce delle vittime. Come se non bastasse, il Dipartimento di Polizia ha fatto di tutto per ostacolare le indagini. C’è una confraternita che ha adottato il motto “No means Yes” (No vuol dire sì), incitando tutti i membri a stuprare le ragazze durante le feste. Questo è solo uno dei tanti casi, il documentario può servire a capire il punto di vista di ogni ragazza e di quanto sia orribile un’esperienza del genere, di quanto manchino cultura e informazione in merito. Non a caso negli ultimi anni se ne è parlato più spesso, anche dal punto di vista mediatico. Non è il college, ma l’argomento è trattato nella serie tv “Tredici” e i meccanismi sono più o meno gli stessi. Lo stupro nei campus è alla basa della trama della serie “Sweet/Vicious“, in cui una ragazza sfrutta le sue capacità nelle arti marziali per vendicare le ragazze vittime di stupro. Al progetto di Dick si è accodata anche Lady Gaga, che ha lavorato insieme a Diane Warren per il brano “Till it happens to you” (Finché non succede a te). La popstar si è sempre battuta sull’argomento, all’età di 19 anni è stata vittima lei stessa di violenza sessuale.
Una delle domande ricorrenti che le vittime si sentono porre è “Ma perché non hai gridato? Perché non ti sei ribellata?” e la risposta è sempre una: la paura. Nessuno, finché non si trova nella situazione, potrà mai capire cosa voglia dire. Per questo motivo Andrea e Annie hanno deciso di tirare fuori qualcosa di buono dalla tragedia e hanno voluto incoraggiare tutte le vittime, invitandole a parlare. Se da una parte i campus proteggono i loro “brand” e non vogliono avere una pessima reputazione, preferendo così insabbiare i casi o non ascoltarli affatto, le due ragazze hanno fatto il giro del Paese per supportare le vittime. Erano e sono tantissime (ci sono anche diversi ragazzi) e hanno bisogno di aiuto, in particolar modo dalle istituzioni. Rinascere, dopo un’esperienza simile, non è cosa facile e non è nemmeno da tutti. Purtroppo alcune ragazze e ragazzi non sono più qui, non possono raccontare l’orrore e l’umiliazione, non possono nemmeno pensare di potersi ricostruire un futuro perché, per colpa dei loro carnefici, a quel futuro vi hanno rinunciato.