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The National: “Trouble Will Find Me”. La recensione

Quando si parla di musica è difficile riuscire a distinguere quello che potrebbe essere soggettivo dal giudizio oggettivo riguardo una melodia o tutto ciò che di “tecnicamente musicale” possa esistere. Il miglior mezzo descrittivo per poter arrivare al cuore della musica e per poter raccontare agli altri ciò che realmente essa esprime potrebbe essere parlarne nel modo più naturale possibile con un grado di purezza altissimo. Una delle uscite discografiche più attese dell’ultimo anno potrebbe essere per chiunque l’album preferito della band del cuore, e generalizzando per alcuni generi, potrebbero essere decine e decine di album.

Probabilmente tra tutte queste preferenze potrebbe essere stilata una lista completa dei maggiori esponenti per genere degli album più attesi dell’anno. Bisogna operare però all’interno di queste interminabili liste, un’ulteriore distinzione e parlare degli album più attesi dell’anno e poi di quelli che effettivamente sono i migliori e quelli che sono i peggiori. “Trouble Will Find Me” sbarca in pieno periodo primaverile, il quale pur essendo la  parte dell’anno più felice, spensierata e colorata non si addice assolutamente al nuovo album dei The National. Ciò che non è felice, spensierato e colorato però potrebbe essere tantissime altre cose, anche descrittivamente opposte dunque in prima analisi molto drammatiche, ma potrebbe risultare la cosa più bella mai vista, o nel nostro caso ascoltata. Con High Violet si pensava fosse stato raggiunto l’apice della carriera di Berninger e compagni, ma probabilmente non c’è mai limite alla musica pensata e partorita nel migliore dei modi e con le più alte aspettative. Tutta la fiducia profusa per questo nuovo lavoro non è stata assolutamente sprecata perché il disco è quanto di più bello possa trovarsi in circolazione.

Partiti da un genere preciso, i The National con gli anni hanno cercato di attingere ai lati più sperimentali della musica e delle liriche, mescolando come sempre elementi unici e originali proveniente dalla sapienza musicale dei musicisti e al particolare timbro vocale del frontman. Il tappeto melodico di prima scelta e la voce tra le più riconoscibili non sono nulla se non sono valorizzate da un complesso e sudatissimo lavoro di fondo, che a dirla tutta viene sempre riportato a livelli altissimi dalla formazione di Brooklyn. La voce baritonale di Berninger si addolcisce, si piega e si riscalda ancora di più e lascia spazio a tutta una serie di morbidezze musicali che si sono perfettamente evolute nel corso degli anni, e che, partite da una timidissima new wave, attualmente sembrano distaccarsi totalmente da qualsiasi genere musicale. Semplicistico durante l’ascolto riferirsi ai dischi precedenti, perché per quanto essi abbiano potuto rappresentare un percorso valido e d’ispirazione, attualmente non rientrano assolutamente nella descrizione melodica di Trouble Will Find Me. Nell’ascolto è inevitabile però pensare a ciò che hanno fatto e ciò che faranno perché l’identità musicale dei The National rimarrà immutata sempre e comunque, ma per quanto le tracce si possano somigliare tra loro in Trouble WIll Find Me è stato fatto un lavoro di ricerca musicale che ha permesso di arricchire di elementi esclusivi quello che poteva essere un brano spoglio del 2005.

The National - Trouble Will Find Me - Artwork
The National – Trouble Will Find Me – Artwork

L’inconfondibile precisione e la minuziosa ritmica rivive in quest’album e si ripropone mai insistente, sempre avvolgente e straordinariamente delicata. Il continuo fermento melodico di sottofondo si percepisce dai brani lenti come “Fireproof” a quelli architettonicamente più complessi come “Sea Of Love“. La sperimentazione musicale, ma soprattutto lessicale,  permette ai The National di rendere tutto più sofisticato e tremendamente meraviglioso, anche la morte e la solitudine, fondamenta tematiche di Trouble Will Find Me. Le atmosfere si mantengono cupe e malinconiche, ma portano un carico emotivo non indifferente, il quale ha sempre permesso alla band di godere dell’approvazione della critica e dei fan. Una sentita solennità sfiora appena l’animo dell’ascoltatore solleticando i sentimenti e a tratti anche un po’ di commozione, inevitabilmente stuzzicata dopo aver toccato certe corde nel profondo con “I Need My Girl”. Seppur dal mood più intimo e introspettivo, Trouble Will Find Me sembra aprirsi in un altro senso, come se in un giorno di pioggia sotto un cielo colonizzato da nubi nere arrivasse dopo la pioggia un po’ di grigio sereno, che in effetti non fa splendere il sole ma ci fa godere una tregua dall’incessante tempesta.  L’opera di perfezionamento musicale probabilmente non avrà raggiunto il suo apice con questo album perché ce ne saranno altri, ma indubbiamente Trouble Will Find Me rappresenta il momento migliore della brillante carriera dei The National i quali attualmente mettono mano ad un genere musicale che forse non ha paragoni e che non rientra più né nella new wave né nell’indie rock né nell’ostinata ricerca di rinchiudere qualcosa in uno spazio ristretto.

Sperimentare è la parola d’ordine o probabilmente è soltanto il loro modo di concepire certe idee, e Trouble Will Find Me rappresenta il perfetto momento di relax di cui  Berninger e compagni avranno voluto godere in studio dopo il successo che li ha travolti con High Violet. Un disco maturo, un disco fantastico, un disco che corona una discografia davvero unica al momento, e che sarà destinata a colonizzare anche gli angoli più “seriosi” della musica in generale. Ci sono orchestre, ci sono cori e ci sono delle collaborazioni speciali che vengono racchiuse dal nome di Sufjan Stevens e St. Vincent. Ci sono i Devendorf e i Dessner, i quali  insieme al nome di Berninger sono diventati una garanzia per la discografia internazionale. Ci stiamo incamminando al genere intellettuale ed impegnato, ad un genere che non avrà mai fine se sceglierà la qualità all‘hype e se continuerà a camminare sulle strade della passione nuda e cruda così come i migliori artisti preferiscono concepire. Ci troviamo ancora una volta di fronte ad un grande lavoro ad una grande architettura musicale che solo musicisti come i The National riescono a regalarci. Ci troviamo di fronte ad un fenomeno musicale unico, che potrebbe quasi rientrare nella musica strumentale, data la straordinaria capacità di rendere la parte vocale uno strumento come le percussioni, il piano e gli archi. L’ostinazione a fare della musica la perfezione presenta l’album come un prodotto compatto, dove la vocalità si intreccia con gli strumenti per darci una strumentalità morbida e ovattata e poco percepibile, il che non è sintomo di timidezza musicale, ma sintomo di grande sensibilità artistica.  Non meravigliatevi se vengono promossi a pieni voti, i The National sembrano non sbagliarne una, e con umiltà estrema stanno collocandosi tra le posizioni prioritarie della musica, con garbo e classe.

IL NOSTRO PARERE IN BREVE

Grande lavoro ad una grande architettura musicale che solo musicisti come i The National riescono a regalarci

PANORAMICA RECENSIONE

Voto Melodicamente

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Lo studio del pianoforte avvicina il suo cuore alla musica in tenera età facendole sviluppare presto una passione per tutta la musica esistente. Appassionata di musica strumentale è una biologa prestata alla critica musicale. Amante dell'indierock, la sua unica certezza i Radiohead. La musica, l'evoluzione e i numeri la sue passioni.
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