“The possession” è il film di Ole Bornedal in uscita al cinema il 18 ottobre 2012. Narra le vicende della famiglia Brenek, una normale famiglia alle prese con i normali drammi della vita quotidiana, come il divorzio dei due coniugi Clyde e Stephanie (Jeffrey Dean Morgan e Kyra Sedgwick) e i problemi con i figli. E’ proprio la minore dei figli (Natasha Calis) a subire il fascino di una misteriosa scatoletta ad un mercatino domenicale ed a liberare inavvertitamente il demone, un Dibbuk della tradizione ebraica, imprigionato al suo interno. Le vicende successive narrano appunto della possessione subita dalla piccola Em.
Il cinema ha sempre trovato affascinante il misterioso universo dei demoni e delle possessioni, fin dai primi, inarrivabili esempi come “L’esorcista” ai più o meno riusciti “The exorcism of Emily Rose” o “The last exorcism“. Il forziere di storie raccapriccianti, relative agli orrori scatenati da un demone che si impossessa di un corpo e di una anima umana è stato al tempo stesso un richiamo ed un limite per chi si è cimentato con quello che nel tempo è diventato un vero e proprio genere.
Le storie narrate a riguardo sono sempre caratterizzate dai medesimi luoghi comuni, che tendono a spettacolarizzare condizioni (a prescindere che siano esse cliniche o spirituali), sottolineandone gli aspetti più grossolani, come i danni fisici, gli eventi definibili come prodigi (in senso negativo), cioè che sfidano il normale corso degli eventi, delle leggi fisiche e biologiche, ed infine il lasciare intendere che nulla tutto sommato può davvero l’uomo contro queste forze oscure.
“The possession” non fa eccezione, rimarcando i punti cardinali del genere, fra i quali il contatto o esposizione (il demone o spirito maligno viene sempre liberato da una prigione, di solito un piccolo oggetto), i summenzionati orrori, che spostano quello che potrebbe succedere, ad esempio, in una casa stregata, all’interno di un corpo umano ed infine la blanda denuncia di un mondo che troppo in fretta ha dimenticato minacce antiche che puntualmente tornano a ribadire non solo la loro presenza, ma la loro pericolosità. Il film è fondamentalmente noioso e scontato, ma peggio ancora sprovvisto di un impianto narrativo che sottragga lo spettatore alla sensazione di “già visto già sentito” che in alcuni momenti del film raggiunge il vero e proprio “livello stantio“.
Un peccato, perché le interpretazioni dei protagonisti non sono poi malaccio e nonostante la noia, si finisce per fare il tifo comunque per loro e soprattutto per la piccola Em. Se però il punto è se questo film ne valga effettivamente la pena, la risposta è no, affatto. A parte il fatto che esiste di meglio per lo stesso genere, questa pellicola è inferiore anche a prodotti già di per se molto deboli, come “The hunting in Connecticut“, che se non altro, hanno il pregio di aver tentato di spostare i limiti del genere, anziché restare volutamente all’interno di confini molto stretti e difficili, che per giunta cominciano a mostrare il logorio del tempo. Ma non temete, se volete il vero terrore, la vera paura, quella dell’ignoto e del buio senza speranza, c’è sempre “L’esorcista“.
Voto:
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