Il regista Terrence Malick (“La rabbia giovane”, “I giorni del cielo”, “La sottile linea rossa”, “The New World – Un nuovo mondo”) ha creato un’esperienza cinematografica che lascerà il segno. Il suo quinto film, “The tree of life”, è un capolavoro che che se ne dica in quel di Cannes, dove la pellicola è stata presentata in anteprima mondiale e dove partecipa alla selezione ufficiale della sessantaquattresima edizione del Festival. Alla proiezione stampa il film ha ottenuto un discreto numero di applausi, ma anche sonori boati di disapprovazione, fischi e stroncature sulle pagine di molte testate internazionali di settore. Un eccesso di criticità francamente poco condivisibile. “The tree of life” rappresenta un vero e proprio inno alla vita e pone alcune fra le domande più inquietanti e personali che riguardano l’essere umano, attraverso un caleidoscopio che va dall’intimo al cosmico. E che passa dal racconto delle esperienze emotive di una famiglia che vive in una cittadina texana ad un viaggio nello spazio e nel tempo, dalla perdita dell’innocenza di un bambino al percorso di un uomo che vivrà eventi incredibili e trascendentali che gli cambieranno la vita. “The tree of life” è la storia di una famiglia del Midwest negli anni cinquanta, la famiglia O’Brien, raccontata attraverso lo sguardo del figlio maggiore, Jack, nel suo viaggio personale dall’innocenza dell’infanzia alle disillusioni dell’età adulta in cui cerca di tirare le somme di un rapporto conflittuale con il padre burbero e scontroso (Brad Pitt), pur potendo contare sull’affetto assoluto, commosso e commovente della propria madre (Jessica Chastain). Jack, che da adulto è interpretato da Sean Penn, si sente come un’anima perduta nel mondo moderno che vaga nel tentativo di trovare delle risposte alle origini e al significato della vita, tanto da mettere in discussione anche la sua fede.
Attraverso lo sguardo possente e visionario di Malick, il film mostra come sia la natura brutale (incarnata dal padre) che la grazia spirituale (incarnata dalla madre) siano alla base delle nostre vite come individui e come famiglie. E rivela come esse pervadono tutta la nostra esistenza. È un film che ti scorre addosso come un fiume, “The tree of life”. Leviga le nostre membra come i ciottoli sul suo fondale, e consuma in sé l’intero ciclo della vita, la cui essenza Malick individua nelle ferite di un inconciliabile scontro dualistico: Natura e Grazia, Ares e Afrodite, Marte e Venere, l’uomo e la donna, forze contrastanti – eppure reciprocamente indispensabili – in lotta per l’anima della propria specie, affannate nella trasmissione generazionale del proprio lascito ereditario. Così, la micro-storia del conflitto che si agita nella mente e nel corpo di Jack, pur essendo solo un caso fra mille, riassume tutta la macro-storia del cosmo, fatta di genesi e distruzione, crescita e deperimento. È questa la via attraverso cui Malick indaga il trascendente: una “piccola” vicenda umana che si fa universale, un saggio filosofico che predilige la potenza delle visioni al didascalismo della narrazione verbale. Le parole, qui, sono un puro strumento evocativo, un coro sussurrato a più voci (come spesso nel suo cinema) che si dissolve nello sconfinato lirismo delle immagini, contrappuntate da una colonna sonora che unisce brani originali di Alexandre Desplat e composizioni di Tavernor, Preisner, Berlioz e Smetana, per lo più requiem.
Terrence Malick ha sempre creato dei film che suscitano grandi riflessioni, grazie al ricorso ad immagini di grande intensità e ad emozioni viscerali, e che generano esperienze in qualche modo misteriose e profonde. “The tree of life” è probabilmente la sua opera più intima ed epica. È un viaggio che dai più moderni grattacieli arriva al cortile di casa di una famiglia texana negli anni cinquanta. E contemporaneamente, dall’inizio della vita sulla Terra alla fine dell’universo conosciuto, nella continua ricerca di ciò che è autentico, di ciò che è durevole e di ciò che è infinito. La storia si svolge in maniera sinfonica, come una pièce musicale divisa in movimenti o come i rami di un albero imponente, mostrando l’evoluzione di un’unica vita, quella di Jack O’Brien, nel suo percorso di ricerca e nel tentativo di risolvere alcuni antichi conflitti legati alla rabbia di suo padre, all’amore di sua madre, alla morte del fratello e alle sue lotte interne con il senso della vita e della fede. Ma la storia di Jack si svolge all’interno dell’immensa bellezza e dei ritmi ricorrenti dell’universo stesso ed i suoi problemi individuali sono connessi con gli enormi poteri creativi e distruttivi del cosmo. E nel suo viaggio, Jack inizia ad avvertire i suoi legami con la polvere delle stelle, con le creature preistoriche che un tempo regnavano sulla Terra e con il destino finale del pianeta. È una storia d’amore profonda, sul modo in cui l’amore emerge dalla vita e la vita emerge dall’amore. Da non perdere.