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The Woman in Black: la recensione

“The Woman in Black”, diretto dal regista James Watkins, è l’adattamento cinematografico dell’omonimo romanzo di Susan Hill che dal 1982 – anno di pubblicazione del suo lavoro – ha avuto il piacere di assistere a diversi adattamenti: una serie radiofonica, un film per la TV, un’opera teatrale e ora, finalmente, lo sbarco sul grande schermo, grazie alla sapiente e fedele sceneggiatura di Jane Goldman. La pellicola, uno degli horror più attesi dell’anno, è interpretata da Daniel Radcliffe (Arthur Kipps), Ciarán Hinds (Daily), Janet McTeer (Mrs Daily), Liz White (Jennet) e Roger Allam (Mr. Bentley).

 

The Woman in Black

Sinossi

Il giovane avvocato londinese Arthur Kipps (Daniel Radcliffe) è costretto a lasciare suo figlio di tre anni per recarsi nel remoto villaggio di Crythin Gifford dove deve sbrigare delle questioni legali per la proprietaria di Eal Marsh House, recentemente deceduta. Ma quando arriva nella sinistra e diroccata villa, scopre oscuri segreti nel passato degli abitanti del villaggio ed il suo senso di disagio aumenta quando gli appare una misteriosa donna vestita completamente di nero.

Giudizio sul film

Bastano pochi minuti per intuire il valore del film. Un prologo muto, con il suicidio inspiegabile di tre bambine “costrette” da una forza sconosciuta a gettarsi – insieme – al di là di una finestra di una angusta soffitta. Impatto davvero devastante nella psiche dello spettatore “costretto” a immergersi nella struttura filmica sin dai primissimi istanti. Un ritardo in sala sarebbe delittuoso. E subito ci ritroviamo nella Londra vittoriana dove assistiamo alla partenza del giovane avvocato, vedovo con figlio, Arthur Kipps, uno “dallo sguardo sempre triste”, tra difficoltà lavorative e processo di elaborazione del lutto per la scomparsa della giovane compagna tutt’altro che concluso.  Arthur viene inviato dal suo studio legale nella cittadina – davvero poco rassicurante – di Crythin Gifford per sbrigare una spinosa questione legale che coinvolge una donna recentemente scomparsa e proprietaria di una magione costruita nel bel mezzo di una palude. Chi conosce il meraviglioso lavoro di  Susan Hill è per certi versi sfavorito poiché il film è davvero un fedele adattamento, ciò nonostante è chiaro il lavoro di ricostruzione, per mettere in piedi un’opera moderna che strizzi l’occhio al passato con una chiara immersione nell’horror di genere. Quello di una volta, osiamo dire, dove la paura era provocata da improvvise apparizioni, dal cigolio di una porta, da una sedia a dondolo che sostiene un ritmo incessante nonostante nessuno la “cavalchi”, da vecchie e ingiallite lettere e dalle foto dei protagonisti, scomparsi della storia. Chi si aspetta un body count cambi direzione  e imbocchi direttamente un’altra sala, “The Woman in Black” è un horror vecchia maniera.

Nonostante il sapore retrò, la pellicola di Watkins è realizzata con un linguaggio filmico decisamente moderno, uno step necessario affinché il film potesse distaccarsi dalla mise en scène teatrale. Curiosa, ma effettivamente azzeccata, la scelta di girare  in 2.35:1, anziché nel classico 1.85:1, tipico degli horror claustrofobici. La profondità che si raggiunge rende giustizia alla scelta del regista che ci delizia con inquadrature mai banali e un paio di terrorizzanti soggettive. L’orrore si nasconde dietro l’angolo e mai come in questo caso sarà importante stimolare la propria visione periferica per godere dell’orrore nascosto e delle improvvise e spettrali apparizioni. Appare notevole anche il lavoro di Tim Maurice- Jones, il direttore della fotografia capace di un gioco luce-ombra continuo che rende irresistibilmente vintage la pellicola.

Il cast

Discreta l’interpretazione di Daniel Radcliffe alle prese con il processo di depotterizzazione che potrà permettere al giovane attore inglese di dimostrare la sua versatilità. Non dispiace nel ruolo del giovane avvocato riuscendo con il suo sguardo perso a donare al suo personaggio quella necessaria aria malinconica, Viene aiutato – e molto – dal “partner” Ciarán Hinds che veste i panni di Sam un ricco abitante di Crythin Gifford pragmatico e impegnato a smentire le dicerie e le superstiziose leggende del villaggio.

Commenti finali

Una produzione horror in salsa vittoriana, con più di un significato latente. Perché, in fondo, “The Woman in Black” si diverte a giocare con le prassi del cinema di genere arricchendo l’intelaiatura con la profondità dei personaggi, ognuno dotato di una “triste” storia alle spalle, con quella malinconia che traspare in ogni movimento. Una storia di dolore, lutto, perdita e vendetta, che  non corre mai il rischio di apparire come una banale storia di fantasmi, o di case possedute. Il rischio di empatia con il personaggio più oscuro, quella donna in nero, è forte.

Il finale “soprannaturale” è drammatico ma al tempo stesso liberatorio, una ultima pennellata su un quadro d’autore.

Consigliatissimo

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