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These New Puritans: “Field Of Reeds”. La recensione

Giunti al terzo album con “Field Of Reeds” i These New Puritans non vogliono assolutamente farci capire in quale decisione hanno deciso di perseverare nel loro cammino artistico. Presentati un po’ di anni fa con delle avanguardie quasi incomprensibili e reduci da un album quasi passato inosservato, il collettivo inglese con il nuovo disco sembra spingersi verso i confini barocchi della storia della musica. Per barocco intendiamo il periodo storico in cui vengono collocati alcuni strumenti musicali, e non di certo la pomposità artistica che i These New Puritans ci presentano. Al limite tra l’essenziale e l’inesistente “Field Of Reeds” sembra imporre l’idea che la musica pensata in un certo modo deve essere per pochi, e che se qualcuno avesse intenzione di dire il contrario in realtà, successivamente all’ascolto, accorgerà di sbagliarsi. Noi ci siamo sbagliati evidentemente, perché in fondo, la pretenziosa esigenza di dire che la musica fatta di piano ed archi sia per pochi, sembra non essere più veritiera. Un disco poco immediato non deve essere necessariamente per pochi, ma deve colonizzare anche gli ambienti poco avvezzi a certi generi musicali e dovrebbe rendere accessibili anche alcuni temi che riguardano l’armonia e la storia della musica.

Un canneto si impone come uno scenario vario dai molteplici significati, vuoi che faccia riferimento alle canne dell’organo e all’origine classica del tappeto melodico, vuoi che faccia riferimento all’altezza delle canne intese come la botanica le ha fatte, vuoi che si riferisca alla staticità del colore o al contrario della fluidità dei movimenti provocati dal vento;  nel nostro caso l’immagine del “Field Of Reeds” si riferisce alla variopinta leggerezza con la quale probabilmente l’album è stato concepito. Siete di fronte ad un prodotto di “art pop”, che in barba a tutti coloro i quali vorrebbero intendere per art pop silenzio tombale e performance live vergognose, i These New Puritans in realtà lo hanno fatto per davvero.

This Guy’s in Love With You” inaugura il disco con un crescendo silenzioso con strumenti lontani anni luce dalle fittizie avanguardie dei primi dischi dei These New Puritans, e con “Fragment Two” brano gioiello di questo disco, osserviamo l’apparizione del canto, sempre accompagnato da un’aura scura e scarna, il tutto condito da tasti bianchi e neri accompagnati da archi e aiutati dalla durezza della batteria, un brano che si impone sia per complessità corale che per complessità strumentale.

These New Puritans - Field Of Reeds - Artwork
These New Puritans – Field Of Reeds – Artwork

The Light in Your Name” si sviluppa su una serie di scale, e ci dimostra che in realtà le avanguardie non risiedono nel concepimento di una musica “abbastanza elettronica“, ma che in fondo a rendere una composizione “complessa e d’avanguardia” non è altro che il cammino che porta al cuore e all’essenza della musica stessa.  Brani lenti arricchiti da continue digressioni nervose, piccole suite dalla lunghezza non trascurabile e da continue variazioni armoniche e tonali; “V (Island Song)” rappresenta il momento più allungato del disco, e ci riaccompagna alla composizione fatta di accordi disarmonici e complessità melodiche, così varie a così statiche, quasi ferme ad illustrarci le cose da un unico punto di vista. Con “Spiral” ci ricordiamo per un attimo che i These New Puritans misero mano al capolavoro di BjorkBiophilia” e che in fondo l’identità musicale così radicata alle origini e ad un comportamento tribale è sempre presente anche se a farla da padrone sono gli archi e i fiati.

Organ Eternal” ci ricorda quelle fughe di Bach, Händel e Pachelbel, “Nothing Else” esordisce con fiati pigri e sembra avanzare costruendo in maniera improvvisata il suo tappeto melodico, “Dream” viene anticipata da una preghiera, la quale sembra invocare l’arrivo degli strumenti. “Field of Reeds” conclude un disco che sembra trovarsi tra le avanguardie ambient e il ritorno alla tradizione della musica classica, ascoltato in certi momenti della giornata potrebbe risultare noioso e lento, ma assumendolo a piccole dosi, in fondo vi farà ricredere. Un album costruito e studiato nei minimi dettagli, un album che si impone con dei pezzi molto lunghi i quali simboleggiano quasi una solennità sia musicale sia artistica con chiari riferimenti ai colleghi musicali nordici, con delle lunghe pause strumentali. In fondo è stato fatto bene ma ci troviamo lontanissimi dai primi passi musicali mossi dalla band inglese. Un grande esercizio di stile, un interessante spaccato musicale e un riuscitissimo tentativo di trasporre la classicità ai giorni nostri, che probabilmente faticherà ad entrare nei vostri iPod, ma che sicuramente sarà apprezzato dalla critica e dagli addetti ai lavori.

 

IL NOSTRO PARERE IN BREVE

Un album costruito e studiato nei minimi dettagli, un album che si impone con dei pezzi molto lunghi i quali simboleggiano quasi una solennità sia musicale sia artistica con chiari riferimenti ai colleghi musicali nordici, con delle lunghe pause strumentali

PANORAMICA RECENSIONE

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Carmen Pierri
Lo studio del pianoforte avvicina il suo cuore alla musica in tenera età facendole sviluppare presto una passione per tutta la musica esistente. Appassionata di musica strumentale è una biologa prestata alla critica musicale. Amante dell'indierock, la sua unica certezza i Radiohead. La musica, l'evoluzione e i numeri la sue passioni.
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