Un malriuscito tentativo di Carlo Vanzina di dare vita ad una commedia sui toni di “Notting Hill“, con tanto di signora Londra presente, anche se per poco, e per nulla significativa.
Dal 12 novembre in sala, “Ti presento un amico” al momento si trova alla settima posizione al botteghino italiano, arrivato ad un incasso totale di 1.576.342 €, battuto addirittura da “Benvenuti al Sud“, che mantiene la quinta posizione dopo otto settimane di permanenza nelle sale, il ché è assolutamente eloquente. Diretto appunto da Carlo Vanzina, “Ti presento un amico” racconta di Marco, giovane manager che si occupa di marketing in un’importante azienda di cosmetici a Londra. A fare da sfondo a tutta la vicenda è la crisi economica, che sembra essere l’argomento più gettonato negli ultimi anni. Ogni cosa sembra essere colpa della crisi e, nonostante i licenziamenti in tronco e gli stipendi non troppo alti, Marco può permettersi un rispettabilissimo appartamento che di segni di crisi ne dà pochi. Ciò che è in crisi, in realtà, è la sua storia con la sua compagna che, proprio a causa di questo mostro che è la crisi, decide di tornare in Italia e rimettersi col suo ex, un porto sicuro, economicamente parlando. Questa è la prima della schiera di donne che ci vengono presentate come isteriche piagnone ninfomani disposte a fare qualunque cosa pur di non guardare in faccia la crisi (perdonate se ripeto troppo la parola, ma è per rendere l’idea di un concetto espresso in maniera ridondante nel film).
Marco viene richiamato alla sede di Milano e promosso come capo del settore marketing dell’azienda: l’uomo pensava di ritrovarsi senza lavoro come molti altri suoi colleghi ed invece miracolosamente riesce ad ottenere la promozione, seppure senza cambiamento alcuno nello stipendio. Da qui si intrecciano gli incontri con tutte le altre donne, che non fanno rimpiangere per nulla a Marco quella che lo ha lasciato 48 ore prima. Quattro donne giovani, affascinanti, tutte con diversi sogni e diverse ambizioni, ma tutte sedotte dall’ingenuità e dal romanticismo di questo Raoul Bova occhialuto che non convince nemmeno un po’. Bellezza a parte, sul talento recitativo di Bova ci sono pochi dubbi: se c’è, non è ancora emerso. Per questo, forse, va bene per la commediola romantica in pieno stile “Scusa ma ti voglio sposare” piuttosto che per pellicole più impegnate. Attorno a lui spuntano queste donne, un po’ desperate housewifes in carriera, a partire da Kelly Reilly: un’inglese a Milano (toh, guarda che strana coincidenza!) che gestisce una galleria d’arte moderna e che ha una storia travagliata con un uomo sposato. Sarah, questo è il suo nome, è inevitabilmente attratta da Marco, che la aiuta a risolvere i suoi problemi di cuore. Questo Raoul Bova sedotto e abbandonato è una sorta di dottor Stranamore, pronto a guarire le donne che invocano il suo aiuto -prima fisicamente, poi emotivamente- e pronte a dirgli che ne sarà del suo segno zodiacale. Barbara Bobulova interpreta Giulia, isterica aspirante suicida disposta a fare qualsiasi cosa pur di ottenere una promozione. Ma Marco, inconsapevolmente, le soffia il posto, e per lei l’unica via per il riscatto è portarselo a letto e cercare di influenzare il suo operato. Anche Giulia ha una storia parallela, con un uomo sposato, da tre anni, ed anche in questo caso la presenza di Marco è indispensabile. Come sarebbe il mondo senza un Raoul Bova così! Martina Stella, che ha studiato dizione ma con la recitazione è rimasta indietro (come tutte le altre), interpreta Gabriella, ambiziosa giornalista soffocata dalla presenza di Nicola, gelosissimo fidanzato pugliese. Altro stereotipo: il gelosissimo uomo del Sud, in una Milano in cui i milanesi sembrano non esistere, salvo qualche piccola eccezione. Infine troviamo Sarah Felberbaum nei panni di Francesca in una piccola particina, necessaria tanto quanto la presenza di Londra.
Marco cerca la donna giusta per lui, cercando anche di riuscire pienamente nel lavoro per tenerselo ben stretto. Ma si sa che la vita è ricca di sorprese e le cose non andranno come sperato: le quattro donne impareranno qualcosa da lui, ma anche lui imparerà qualcosa da loro e farà prevalere i sentimenti sulla sua voglia di non finire in pasto alla crisi. Una storia che potrebbe essere definita “surreale”: un uomo affascinante che a tratti sembra un po’ lo sfigatello di turno che vive in una stanza d’albergo a Milano, alla quale ha accesso chiunque. Un uomo che incontra sempre donne disposte ad aprire le gambe come se nulla fosse, chi per solitudine, chi per tentare la via del successo, chi per altri misteriosi motivi. Una Londra che, nonostante le difficoltà a trovare un impiego, sembra essere il rifugio di tutti i discoccupati italiani, che appare così in sottofondo, anche lei senza avere un vero e proprio perché. Livello di recitazione mediocre, ad essere generosi. Una commedia di cui avremmo potuto fare tranquillamente fare a meno.