Passata dal Toronto Film Festival 2010, “Tornando a casa per Natale” è una pellicola in salsa agrodolce del norvegese Bent Hamer, autore di altre opere che hanno suscitato interesse nel panorama cinematografico internazionale, quali “Kitchen Stories” (candidato all’Oscar come miglior film straniero nel 2003), “Factotum” e “Il mondo di Hortem“.
E’ la viglia di Natale, siamo in una cittadina immaginaria della Norvegia, che rende ancora più giustizia all’atmosfera natalizia, tra neve ed addobbi. Tante storie diverse si intrecciano e ad accomunarle c’è lo stesso sentimento del quale e per il quale si tengono in vita: l’amore. “Tornando a casa per Natale”, “Hjem til Jul” titolo originale, è una favola moderna sul Natale, ma forse non andrebbe troppo considerata come l’ennesimo film che se ne approfitta del freddo e di dicembre. Pur essendo ambientato in questo periodo e nonostante il titolo, il film prende spunto dai racconti brevi di Levi Henriksen, “Only Soft Presents Under the Tree“, ma potrebbe completamente distaccarsi dal periodo a cui fa riferimento e mantenere intatto il suo significato. Certo, fare leva sul Natale, casualmente o volutamente, rende ancora più dolce la vicenda: una coppia serbo-albanese che vive in un cottage isolato, un bambino protestante perdutamente innamorato di una ragazza musulmana che finge di non festeggiare il Natale, proprio come i musulmani, per poter stare con lei. Un medico troppo preso dal lavoro per dedicarsi alla moglie, un uomo disposto a fare qualunque cosa pur di vedere i figli per Natale, una donna che aspetta che dopo le feste l’amante lascerà la moglie per stare con lei.
Una manciata di solitudini che oltre all’amore condividono la speranza ed il perdono, in una pellicola dal sapore e dai tempi decisamente nordici. Lunghissimi silenzi, dialoghi secchi, “Tornando a casa per Natale” scorre lentissimo, e ci mostra i volti di Joachim Calmeyer, Nina Andresen Borud, Trond Fausa Aurvaag, Arianit Berisha, Levi Henriksen, Reidar Sørensen, Fridtjov Såheim. Interessante la scelta di inserire, in un contesto così piccolo e chiuso, la presenza dello “straniero” che festeggia diversamente o non festeggia affatto, ma non per questo non è coinvolto dagli stessi sentimenti che provano tutti gli altri: l’amore è universale, non ha colore nè religlione. Il Natale è solo da sottofondo, il film è intriso di dramma e tenerezza con qualche tratto comico; se non fosse pesantemente lento, sarebbe sicuramente più apprezzabile.