Paolo Ruffini alla regia. Chissà in quanti avranno storto il naso quando qualche mese fa il comico toscano intraprese questa strada uscendo con il suo primo film “Fuga di cervelli“. In tanti, a dir la verità; e a ragione. Ma mentre la critica lo stroncava inviperita, accusandolo di insultare anche la più classica commedia all’italiana, il film veniva premiato al botteghino con circa 5 milioni di Euro.
Ecco allora che Ruffini ha fatto il bis, stavolta con un titolo che indirettamente pare una sfida alla critica: “Tutto molto bello“. Ancora lui alla regia, ancora con il suo compagno di sventure Frank Matano e in più altri comici di Colorado (che ne ha curato la produzione). C’è Angelo Pintus, Michael Righini, Gianluca “scintilla” Fubelli e Chiara Francini. Ruffini se ne frega e va avanti per la sua strada, quasi come se avesse un ombrello a ripararlo da tutte le critiche che gli piovono addosso (si ricorda la clamorosa gaffe con Sophia Loren ai David di Donatello, commentata anche da Valerio Mastandrea in una nostra esclusiva intervista).
“Tutto molto bello”: per giudicare un film simile si hanno due diverse possibilità di approccio. O lo si guarda con attento spirito critico, soffermandosi sui dettagli, la sceneggiatura, la trama, la fotografia e le riprese – e a quel punto la recensione si aprirebbe e chiuderebbe con un “tutto molto brutto” -; oppure, consapevoli di non essere di fronte a un film di Bernardo Bertolucci, Federico Fellini e Mario Monicelli, lo si osserva per quello che è: un film senza pretese. In quest’ultimo caso, in quanto tale, non delude le aspettative: si (sor)ride con semplicità, con battute ultrademenziali e trascinati dalla buffa mimica facciale di Matano, il toscanismo di Ruffini e le scemenze di “scintilla”.
La trama appare solo come un pretesto per dare libero sfogo all’improvvisazione di gag: Giuseppe (Paolo Ruffini) e Antonio (Frank Matano) si incontrano casualmente all’ospedale, mentre aspettano la nascita di un figlio. I due personaggi sono agli antipodi: Giuseppe è un ligio e formale impiegato all’Agenzia delle Entrate, Antonio è uno scanzonato e simpatico burlone. Per ingannare l’attesa i due decidono di andare a mangiare una pizza in uno squallidissimo ristorante, dove incontrano Eros (Gianluca Fubelli), un cantante fallito con il vizio di denudarsi durante le esibizioni. Nel tentativo di aiutare il povero cantante, appena uscito da una dolorosa storia d’amore, i tre si ritroveranno coinvolti in una serie di esilaranti avventure.
E’ un film con alti e bassi, “Tutto molto bello”. Dopo una partenza tutto sommato convincente, alterna momenti di buon divertimento ad altri di debole squallore. Alcune gag vengono costruite con eccessiva forza, quasi come se si sforzassero di far ridere (su tutte: quando si ritrovano nella villa dell’Emiro travestiti da cartoni animati), mentre in altre si rispolverano vecchie battutacce. Il film scorre per 90 minuti senza un vero e proprio filo logico, come se si andasse “a braccio”, così come viene. Il tentativo di dare una parvenza di serietà al finale – con la triste confessione di Antonio – si rivela essere un boomerang, in quanto risulta inappropriato per un film simile. Un punto molto importante a suo favore: l’assenza di battute spinte, tette al vento e riferimenti espliciti al sesso. Almeno Ruffini ha il merito di non sprofondare nel trash di altri suoi colleghi, pur non dimenticando di mettere nel film la bella Nina Senicar, nei panni di una inverosimile interprete.
Due elementi, a nostro parere, emergono da questa pellicola: il cameo di Pupo, che appare come giocatore d’azzardo e che dimostra una grande autoironia, e i tempi comici di Gianluca Fubelli, che pur non brillando per l’intelligenza delle battute, riesce a dare il tempo alla sua comicità, strappando più di una risata.
Tutto sommato, “Tutto molto bello” non arriva ovviamente alla sufficienza. Il motivo di tale scelta, tuttavia, non ricade tanto nella visione del film in sé, bensì nel modo in cui Ruffini decide di mostrarsi al pubblico senza offrire niente di particolarmente nuovo e divertente. Dai doppiaggi del “Nido del Cuculo” e gli spettacoli di “Io? Doppio!” Paolino ne usciva fuori come un principe della comicità, costruendo dal nulla gag esilaranti che in poco tempo diventavano di culto. Allora c’era molta improvvisazione, ma anche tante risate. Paradossalmente, ora che è seduto su una sedia da regista ed ha più tempo per pensare a ciò che fa, il risultato è decisamente più scadente. “Il ragazzo è bravo, ma non si applica”, dicono le maestre a scuola. Qui è il contrario. Ruffini è bravo, ma si applica troppo.