Gina (Giulia Valentini) e Marco (Filippo Scicchitano) sono giovanissimi e decisi a diventare “qualcuno”. Si incontrano una mattina in una periferia stralunata alle porte di Roma.
Lei ha un appuntamento con un politico che potrebbe mettere una buona parola e aiutarla a entrare nel mondo dello spettacolo, lui è l’autista che ha il compito di condurla all’appuntamento.
Niente va nella maniera preventivata, Gina e Marco si conosco meglio e capiscono, nonostante alcune palesi differenze, di essere due spiriti affini, due outsider senza meta, due giovani ingenui inadeguati ad un mondo cinico e prevaricante.
Presentato all’ultima Mostra del Cinema di Venezia, “Un giorno speciale” avrebbe dovuto confermare le buone indicazioni suscitate da “Lo spazio bianco”, il precedente film che Francesca Comencini aveva presentato in Laguna tre anni or sono.
Attese ampiamente disilluse, perché “Un giorno speciale” è un film confuso e un perfetto compendio del pressapochismo e della superficialità di certo cinema italiano che vorrebbe essere impegnato, ma pecca di eccessiva faciloneria e (auto) indulgenza.
“Un giorno speciale”, almeno nelle intenzioni dell’autrice, dovrebbe parlare di crisi economica, crisi valoriale e dell’amore tenero che viene a crearsi tra due loser fragili e sognatori. La realtà è un prodotto di una pochezza sconfortante, tanto bozzettistico quanto urticante.
Lo sguardo critico della Comencini sul tempo presente che vorrebbe raccontare è all’acqua di rose, cerchiobottista, mai graffiante e appesantito da un buonismo di fondo che preclude qualsiasi empatia spettatoriale nei confronti di due personaggi completamente privi di spessore.
“Un giorno speciale” dovrebbe essere una commedia sulla società italiana contemporanea. Mario Monicelli, che qualche capitolo importante della storia della commedia e del cinema italiano, sosteneva che la commedia è un genere in cui “vengono passati al settaccio il costume, la cronaca, l’attualità per smascherare debolezze e sotterfugi, piccolezze e difetti della gente della strada. Rovesciando luoghi comuni e abbattendo miti, senza pietà e con cattiveria. Perché la commedia è cattiva, anzi spietata”.
“Un giorno speciale” di Francesca Comencini disattende, con disarmante precisione, tutte queste peculiarità.
I luoghi comuni non vengono abbattuti, ma anzi sono le fragilissime basi su cui si sorregge (si fa per dire) lo script. I dialoghi del film sono un vero e proprio bignami di banalità, luoghi comuni e frasi fatte alla lunga inascoltabili.
Debolezze, sotterfugi, piccolezze e difetti dei personaggi sono messi in evidenza, ma ben presto vengono ridimensionati, quasi perdonati, in nome di un incomprensibile bonaria accondiscendenza.
Il mondo di “Un giorno speciale” è un microcosmo di cialtroni, ma alla fin della fiera cialtroni di buon cuore, tutto sommato simpatici e con la sola colpa di vivere in una società brutta, sporca e cattiva che ne inquina la bontà d’animo.
Di cattiveria e spietatezza nel quadro che la Comencini mette in scena, comunque, nemmeno l’ombra: solo qualche accenno frettoloso alla politica come amorale Moloch lontano dai cittadini e dai problemi della vita “vera” e qualche accenno vagamente polemico alla società dei consumi e dell’apparenza a tutti i costi. Didascalismo e banalità come se piovesse, il tutto “arricchito” da una linea comica che spazia da un umorismo greve e di bassa lega a sfiatate frecciatine da educande.
Impresentabili i due protagonisti: il monocorde Scicchitano vorrebbe fare Sordi imitando maldestramente Verdone; l’anodina Valentini si barcamena svogliatamente, quasi come se l’impegno del film le sottraesse del tempo prezioso. Tempo da dedicarsi, possibilmente, a lezioni di recitazione, di cui la ragazza mostra di avere un enorme bisogno. Esemplare in tal senso un agghiacciante monologo sul “gravissimo” problema dell’essere belli nell’Italia di oggi.
Imbarazzante.
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