20 milioni di eurodi budget tra Francia, Germania ed Ungheria, ancora una volta “per non dimenticare” gli orrori della Seconda Guerra Mondiale e della deportazione degli ebrei nei campi di concentramento. E’ la regista Rose Bosch a portare sul grande schermo l’ennesima testimonianza del male che l’uomo è stato effettivamente capace di compiere e “Vento di primavera” arriva puntuale, proprio in prossimità del Giorno della Memoria. Il titolo originale, in realtà, è “La Rafle“, che in italiano si può tradurre come “La Retata” e che sta ad indicare, appunto, la mattina del 16 luglio 1942, in cui tredicimila ebrei francesi sono stati prelevati su ordine del governo di Vichy, per un accordo avvenuto tra Hitler e Pétain, per essere deportati presso il Velodromo d’Inverno, ricostruito fedelmente proprio per il film.
La Bosch, infatti, non si limita semplicemente a raccontare una storia, ma riporta fatti realmente accaduti, ed in particolare la testimonianza del piccolo Joseph, uno dei pochissimi superstiti di quella terribile mattina. La storia di Joseph finisce con l’amalgamarsi con le storie di migliaia di altri ebrei che quel giorno si sono visti strappare via la vita, la dignità, lontani da amici e parenti, sballottati come fossero pezzi di legno, in condizioni igieniche impensabili, senza un futuro davanti ai loro occhi, ma con le stelline gialle sempre addosso, quasi come fossero marchiate a fuoco. Forse per la prima volta, la Francia si prende le proprie responsabilità e, a molti anni di distanza dall’orrendo accaduto, viene raccontata la storia del collaborazionismo francese con il governo tedesco, senza rendere tutto più ovattato, ma mostrando quel che realmente è successo. Ovviamente non è un modo di buttarsi totalmente giù e non si dimenticano nemmeno quei francesi che durante La Rafle hanno avuto il coraggio e il buon cuore di aiutare le persone in fuga, nascondendole ed ospitandole. I sopravvissuti all’orrore, con conseguenti cicatrici fisiche e non, sono stati davvero pochissimi ed è cosa fondamentale riuscire a preservare le loro memorie, proprio perché non dobbiamo dimenticare. Anche se, a guardare quel che accade nel mondo, in realtà la storia ci ha insegnato poco e niente, ma quello della Seconda Guerra Mondiale rimane uno dei massacri più atroci ed assurdi della storia dell’uomo.
Nel cast troviamo un insolitamente buono Jean Reno, nei panni di un dottore ebreo, affiancato da un’infermiera protestate interpretata da Melanie Laurent, incapace di assecondare gli ordini del governo e vedere le vite di centinaia di bambini distrutte una volta per tutte. Ed in mezzo a tutto questo orrore, Rose Bosch ci mostra anche il lato più umano dei militari, anche se senza troppa esagerazione (com’è giusto che sia). Pronti a servire la patria con ferma dedizione, i soldati armati e incattiviti più che mai, mostrano a sprazzi dei lampi di umanità, che si palesano nell’espressione degli occhi, solo per qualche istante, prima di tornare a fare il loro dovere. La clemenza non è dovuta, non è garantita, ma talvolta può essere anche concessa. Le scene della deportazione sono sempre struggenti, vedere le mamme separate dai bambini e dai mariti in un certo senso ignari del loro destino, è sempre una visione straziante, ma è bene riproporla, nella speranza che un giorno possa rivelarsi efficace. “Vento di primavera” è una grande opera, realizzata con la massima attenzione al dettaglio e con realismo, e va ad accostarsi ai tanti “La vita è bella”, “Train de vie” e “Schindler’s List”, che anno dopo anno permettono a tutte le vittime di questo infinito massacro di avere una piccola possibilità di riscatto, di poter essere ricordate e, in qualche modo, di avere voce per poter raccontare.