Irene (Margherita Buy) ha superato i quarant’anni: niente marito, niente figli e un lavoro che è il sogno di molti. Irene è, infatti, il cosiddetto “ospite a sorpresa”, il temutissimo cliente in incognito che annota, valuta e giudica gli standard degli alberghi di lusso. Oltre al lavoro, nella sua vita ci sono la sorella Silvia (Fabrizia Sacchi), sposata con il musicista Tommaso (Gian Marco Tognazzi) e madre di due bambine (Carolina Signore e Diletta Gradia), svampita e sempre di corsa, e l’ex fidanzato Andrea (Stefano Accorsi). Nessun amico, nessun amante, nemmeno occasionale. Irene non ha alcun desiderio di stabilità, si sente libera, privilegiata. Ma è vera libertà la sua? Davvero, come sembra convincersi la stessa Irene, la libertà confina con la solitudine?
“Viaggio Sola” è la storia di una donna senza figli e con pochissimi legami affettivi, votata quasi esclusivamente al proprio lavoro, ma che per questo non si sente una fallita, anzi ne è pienamente soddisfatta. La regista Maria Sole Tognazzi mette, quindi, in discussione il dogma di una felicità veicolata alla creazione di una famiglia e di un’affettività stabile e pone al centro della sua storia una figura sicuramente inconsueta per il cinema italiano: una single convinta e orgogliosa di essere tale.
Ma i meriti di “Viaggio Sola” si fermano qui, perché al di là dell’impostazione teorica ammirabile non vi è alcuno sviluppo drammaturgico e cinematografico vagamente interessante e compiuto. Le premesse vengono sistematicamente disattese da un film che non si prende alcun rischio, risultando apatico e inconcludente, contenitore vuoto di un messaggio ridimensionato dalla pochezza della sua resa filmica.
L’Irene di Margherita Buy è il deus ex machina narrativo di “Viaggio Sola”, ma è un personaggio monocorde, troppo costruito e quindi molto poco sincero, nonché inevitabilmente respingente e poco interessante: un soggetto con cui è pressoché impossibile entrare in qualsiasi tipo di empatia.
Graniticamente convinta e ferma sulle proprie posizioni, Irene ha dei momenti di incertezza che scalfiscono le sue certezze, ma sembrano più che altro espedienti narrativi studiati a tavolino per dare una posticcia coloritura ad un personaggio che ha molto poco da dire. Prevedibili le sue crisi così come prevedibili sono le vie d’uscita che decide di intraprendere e il suo percorso psicologico.
Guardando “Viaggio Sola” si ha l’impressione di assistere ad un film in cerca di scopo nel suo farsi, poco appassionante e, soprattutto, (colpa ancor più grande) poco appassionato. Al dì là della rivendicazione d’indipendenza di Irene, il film di Maria Sole Tognazzi si arrabatta e gira a vuoto per oltre un’ora e venti senza trovare la sua ragion d’essere e regalandoci una carrellata di personaggi vuoti, cui, per prima, alla stessa regista/sceneggiatrice pare non importare nulla.
Così la crisi coniugale di Silvia, sorella di Irene, si risolve in una sottotrama abbozzata e irrisolta e ugualmente il rapporto tra Andrea e Irene, potenzialmente molto interessante, viene liquidato sbrigativamente.
“Viaggio sola” è, quindi, un film interlocutorio, dalle poche idee e ben confuse, freddo e svogliato come la sua glaciale e mai stimolante protagonista.
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