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Zero Dark Thirty: la recensione

Il 2 maggio del 2011, dopo una caccia all’uomo durata due lustri, le Forze Speciali Usa riuscirono a scovare il nascondiglio di Osama bin Laden nei pressi di Abbottabad  in Pakistan. Lo sceicco del terrore, l’uomo che ha sconvolto per la ferocia nella pianificazione di diversi attacchi terroristici, nonché leader della cellula di Al-Qāʿida, fu ucciso nel cuore della notte, in quel lasso di tempo che viene comunemente chiamato in gergo militare “Zero Dark Thirty” per indicare una operazione compiuta in notturna.

Kathryn Bigelow, già acclamata regista di “The Hurt Locker” (ben 6 Premi Oscar), dirige un film solido che ha come protagonista Jessica Chastain (probabilmente l’attrice giovane più talentuosa di Hollywood, vista recentemente nel film Lawless) nel ruolo di una agente  della CIA. Completano il cast, tra gli altri: Jason Clarke, Joel Edgerton, Édgar Ramires, Mark Strong e Kyle Chandler.

Jessica Chastain in Zero Dark Thirty
Jessica Chastain in Zero Dark Thirty

Trama

Maya, una giovane agente della CIA, in seguito agli eventi dell’undici settembre, viene coinvolta in un team che ha come unico obiettivo catturare Osama bin Laden. Nella caccia allo Sceicco del terrore hanno un ruolo fondamentale i prigionieri della cellula terroristica, catturati dalle forze del Governo degli Stati Uniti. Le informazioni estorte, a volte anche con pratiche ben poco ortodosse, sembrano però condurre a un vicolo cieco, fino a una incredibile svolta…

Giudizio sul film

Il film inizia con il doloroso ricordo (dalle Torri Gemelle allo United 93) delle vittime dell’undici settembre. Sono voci registrate che, seppur ascoltate alcune decine di volte, riescono ugualmente a scuotere. Da quel maledetto giorno parte la pellicola di Kathryn Bigelow che ci regala immediatamente un – già ormai celebre e discusso –  interrogatorio: in una prigione segreta uno degli uomini di Al-Qāʿida è sottoposto a una lunga serie di pressioni psicologiche e fisiche (tra cui il discutibile waterboarding, “l’annegamento controllato”) con l’obiettivo di renderlo debole e disposto a collaborare. Una pratica, quella dell’interrogatorio con tortura, che sembrava essere una prassi dalle parti di Guantanamo e una gestione dei prigionieri che fu motivo di diverse tensioni politiche a cavallo tra la gestione Bush e quella di Obama.

Zero Dark Thirty
Zero Dark Thirty

Il lungo e crudo prologo ci introduce a 160 minuti serrati e adrenalinici dove a spiccare sono le evidenti capacità autoriali della regista e un utilizzo del mezzo cinema in stile semi-documentaristico, a giudicare dalla quantità impressionanti di dettagli messi in scena. Nulla è lasciato al caso, dall’abbigliamento, al linguaggio, alla ambientazione con una ricostruzione fedelissima dell’imponente nascondiglio di Abbottabad. Colpisce la cura per i particolari nell’irruzione, compreso il volo nascosto tra le montagne pakistane dei Black Hawk dotati di tecnologia Stealth, e la gestione pulita e senza fronzoli della questione burocratica lasciando le polemiche al libero arbitrio dello spettatore smaliziato – ed informato – e  messo nelle condizioni migliori per poter elaborare un giudizio – anche extra film – il più sereno possibile. Unica avvertenza: attenzione ai particolari.

“Zero Dark Thirty” mescola sapientemente più generi cinematografici, dal film di guerra, alla pellicola drammatica, alla Spy Story, al Thriller, nelle giuste porzioni, e spezzando il ritmo con improvvise deflagrazioni, da Londra a Islamabad, che ricordano quel drammatico periodo storico condito dalle rivendicazioni dello Sceicco del terrore, capace di paralizzare il mondo intero per un decennio.

Jessica Chastain, nei panni dell’ indefessa agente Maya, è il fulcro della pellicola: tutto gira intorno alla minuta attrice, che rappresenta gli Stati Uniti feriti e desiderosi di vendetta. Caparbia durante le riunioni con “solo uomini” e risoluta quando scende in campo con sneaker e chador, ingaggia un duello personale contro Laden, fino al  solitario epilogo.

“Zero Dark Thirty” rappresenta la definitiva consacrazione per la ex moglie di Cameron, che realizza un film solido, onesto, oltremodo adrenalinico e mai ridondante, coadiuvata dallo sceneggiatore Mark Boal che in un primo momento aveva confezionato uno script diverso riguardante la mancata cattura, in quel di Tora Bora, di bin Laden.

Un film consigliatissimo, avvincente, epico e destinato a un ruolo da protagonista nella Notte degli Oscar.

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